la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella sesta Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


26 giugno 2016



 

 

Es 24,3-18
Sal 49
Eb 8,6-13a
Gv 19,30-35

Due eventi a confronto nelle letture di questa domenica. Il primo evento alla falde e sulla cima del monte Sinai, il secondo sulla collina del calvario a Gerusalemme. Il primo. Il primo nel segno dell'imponenza: si costruisce un altare con dodici stele, si alza davanti agli occhi di tutti un libro, Mosè vi ha scritto tutte le parole del Signore, corale la risposta: "Quanto è detto dal Signore lo eseguiremo e vi presteremo ascolto", un'alleanza siglata con il sangue di giovenchi. Quasi si volesse dire a Dio: "Ci lega d'ora in avanti un medesimo sangue". E poi ancora il monte, nube e fuoco divorante sulla cima, accessibile e non accessibile, accessibile per pochi.

Celebri un'alleanza, celebri la gloria di Dio, ma ti segna, ti rimane in cuore anche, in qualche misura - confessiamolo - un senso di lontananza, se non di inaccessibilità. E poi con il pensiero vai alla collina di Gerusalemme, al Golgota, a tre croci. Quale distanza! Eppure anche lì si celebra un'alleanza. Anche lì sulla collina, si celebra la gloria di Dio. Ma come siamo lontani, fuori da ogni segno o immagine di imponenza.

Oserei dire, siamo nel segno della totale impotenza, per non dire dell'abbruttimento, perché quello era il luogo dove giustiziati erano i malfattori, spettacolo di infamia. E lui, Gesù, dopo aver preso l'aceto, disse: "E' compiuto". E, chinato il capo, consegnò lo spirito". Per Giovanni è l'ultima parola di Gesù: "E' compiuto".

Ed è paradossale! Voi mi capite, il disegno che aveva attraversato e spinto la sua vita, il disegno che pulsa nelle vene del mondo, nelle contraddizioni e nelle speranze della storia, era "compiuto". Diciamo la parola: l"'alleanza" era compiuta. Su quella collina dove non c'è più un Dio davanti al quale nascondere il volto come sul monte Sinai, ma un Dio da guardare. Dove? Su una croce.

L'evangelista Giovanni, subito dopo, legherà all'evento, di legatura stretta, un passo del profeta Zaccaria: "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto". E ha appena finito di scrivere che "chi ha visto sa che dice il vero, perché anche voi crediate". Anche noi questa mattina volgiamo lo sguardo con tenerezza infinita al trafitto: avviene lo svelamento di Dio, lo svelamento della sua vera gloria, lo svelamento della nuova alleanza.

Sulla collina, che non ha nulla, proprio nulla, che dica inaccessibilità, l'inaccessibilità del monte infiammato. Accessibile a tutti. Lo svelamento non è in un luogo sacro, neppure tra nubi e fuoco del monte, là dove l'accessibilità a Dio era per pochi privilegiati. No, sulla collina, davanti a tutti, in un luogo pubblico, diremmo laico.

E dovremmo subito aggiungere: là dove non ti saresti mai sognato di vedere Dio, o di assistere a un patto di alleanza, il luogo dei malfamati. L'evangelista Giovanni, come senz'altro avete notato, sembra insistere su un dettaglio, che dettaglio non è, sul dettaglio della trafittura: "Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, è subito ne uscì sangue e acqua". E aggiunge: "Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera".

Sangue e acqua diventano così simbolo. Ci portano oltre. Il sangue parla, racconta. Racconta un amore spinto sino al dono della vita, un amore all'estremo, inimmaginabile un oltre: "Nessuno" aveva detto "ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici". E l'acqua. Anche l'acqua parla, racconta. Racconta la vita: acqua è vita. E' come se dicessimo che l'amore porta con sé la vita, trascina con sé immagini, non di morte, ma di vita, di vita buona.

E' il segreto perché nelle condizioni, anche le più dure della storia - grandi o piccole che siano - fiorisca il bene, fiorisca il deserto. Tu guardi il trafitto e senti gorgogliare l'acqua. Che possiamo chiamare anche con un nome: lo "spirito". Infatti, Giovanni ha appena finito di scrivere che Gesù "chinato il capo, consegnò lo spirito". Pensate, ultima consegna. Sta per morire e ancora vuole consegnare, aveva vissuto tutta una vita all'insegna del consegnare e del consegnarsi.

Ultima consegna, sulla collina, la collina della morte: "consegnò lo spirito". Lo spirito che è acqua che fa fiorire i deserti, i nostri deserti. Ecco la nuova alleanza. E subito una domanda mi rimormora nel cuore: gorgoglia in me l'acqua? L'acqua dello Spirito? O sono arido? Giovanni nel suo vangelo ci ha ricordato questa segreta connessione acqua-spirito facendo memoria delle parole di Gesù nell'ultimo giorno della festa delle capanne. Quelle parole furono - scrive - grido.

Gridò: "Se qualcuno ha sete venga a me; e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva". Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui" (Gv 7,37-39). Ecco ora lo spirito è consegnato. Fiumi di acqua viva raggiungono il cuore dei credenti. Ascolta dunque l'acqua che mormora nel tuo pozzo. Voi mi capite, mentre le parole dell'alleanza antica erano scritte a memoria sulle pietre, le parole dell'alleanza nuova, come già avevano preannunciato i profeti, sono scritte dentro di noi, sono nella voce dello Spirito che ci abita.

Ce lo ha ricordato oggi la lettera agli Ebrei: "porrò le mie leggi nella loro mente / e le imprimerò nei loro cuori; / sarò il loro Dio / ed essi saranno il mio popolo. / Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, / né alcuno il proprio fratello, dicendo:/ "Conosci il Signore!". / Tutti infatti mi conosceranno, / dal più piccolo al più grande di loro. / Perché io perdonerò le loro iniquità /e non mi ricorderò più dei loro peccati".

Dall'alleanza del monte scritta su pietre, all'alleanza della collina scritta nel sangue e nell'acqua, all'alleanza scritta nei nostri cuori, all'acqua dello Spirito che ci salva per grazia dagli inaridimenti. Sta in ascolto. Sta in ascolto del pozzo che è in te.

 

 


 
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