la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella quarta Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


12 giugno 2016



 

 

Gen 4,1-16
Sal 49
Eb 11,1-6
Mt 5,21-24

"Non ho ucciso nessuno…": capita, capita ancora oggi, di sentirselo dire: "Non ho ucciso nessuno". Quasi fosse una dichiarazione di onestà, di correttezza, di affidabilità. E quindi una motivazione, motivazione sufficiente, per sentirsi "a posto". E, se anche non lo diciamo, forse, dico forse, un po' lo pensiamo: "Dopo tutto non ho ucciso nessuno".

Poi leggiamo il brano di Matteo e le nostre sicurezze non ci sembrano più così inattaccabili, così assolute, così spavalde. Perché Gesù non abolisce la legge antica, "non uccidere", ma invita a non nasconderci dietro la "non uccisione", ma ad approfondire. Perché questo è un male, o uno dei mali, anche del nostro tempo o del tempo delle coscienze, quello di rimanere alla superficie, di non approfondire. Di salvarci la faccia dietro un'osservanza formale, esteriore, della legge.

Ma dove sei? Dove sono con il cuore? Penso che a nessuno di noi sfugga che l'uccisione non sia che l'atto estremo, l'esito di una pulsione che ha origini lontane: viene da una devastazione del pensiero e dei sentimenti. Sta in vigilanza su pensieri e sentimenti, vigila su questo territorio interiore, dove già avviene, al dire di Gesù, la ferita mortale dell'altro: chiunque "si adira" con il proprio fratello, chiunque gli dice "stupido", chiunque gli dice "pazzo"…

Come se Gesù ci avvertisse: "Tu già lo hai ucciso "dentro" e ferito a morte nella sua dignità. "Testa vuota" lo chiami. Lo hai "ucciso", lo ha incenerito. Hai sostituito il nome di "stupido" e di "pazzo" al vero nome che per te dovrebbe accendersi ogni volta che lo guardi o pensi a lui, il nome di "fratello". Quattro volte nel nostro breve brano fa capolino questo nome "fratello". Legato - oserei dire - con una legatura inestricabile a un possessivo "tuo", "tuo fratello": è "tuo fratello"!

E Gesù porta all'estremo il discorso affermando che il culto e le cosiddette pratiche religiose - penso alle nostre eucaristie - debbano cedere il passo: "Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello". C'è un "prima". Che ci tocca. Ed è la riconciliazione o, se volete, il tentativo di riconciliazione. Perché, come voi tutti sapete, la riconciliazione vive dell'apertura di due parti, e non di una sola.

Voi mi capite, l'interrogazione va allo sguardo: "Chi vedo io nell'altro?". E lo sguardo, che coglie un "fratello", non mi lascia tranquillo per il fatto che non ho ucciso, non mi fa sentire a posto perché non sono stato un assassino. Sono stato fratello? Ho occupato il mio posto di fratello? In questo senso, sono a posto? O è avvenuto un deragliamento?

E' il deragliamento cui assistiamo sgomenti nel racconto della Genesi che, riportandoci alle origini, penso voglia anche ricordarci che, come essere umani, non siamo risparmiati da possibilità di tradimento del "posto di fratello". Anche il brano della Genesi per ben sette volte lega ad Abele il titolo di fratello, nome violato. Quando il nome di fratello è violato è come se si alzasse un grido dalla terra. Dice Dio a Caino: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!".

Basta un ucciso, pensate, per fare grido, basta il sangue anche di una sola creatura, basta un soffio di vita soffocato. Voi sapete che Abele ha radice da soffio: ebbene basta un soffio di vita violato perché quel sangue diventi grido. Dalla Terra. Leggendo mi veniva spontaneo pensare a quanti gridi per sangue - un'infinità! - hanno attraversato lo spazio tra la terra e il cielo nella storia. La voce del sangue grida fino nel cuore di Dio.

"Grida a me dal suolo" è scritto. Dalla voce di quel primo sangue versato alla voce del sangue dei secoli che sono succeduti, alla voce del sangue di oggi, del sangue delle guerre, del sangue dei naufragi per mare, del sangue delle guerre, del sangue dei femminicidi che gridano oggi a Dio dalle nostre strade.

E noi? Forse udiamo il grido, ma avviene che non ci fermiamo, e troppo spesso avviene che ce ne dimentichiamo! Il racconto della Genesi ci ha anche ricordato l'invito di Gesù a vigilare su quanto accade dentro. Dentro di noi. Dio mette in guardia Caino su ciò che sta accadendo dentro di lui . E che cosa accade dentro di me?

Rileggiamo: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto. Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta, verso di te è il suo istinto e tu lo dominerai". Dilagava un tumulto nel cuore di Caino.

Qualcuno sostiene che forse era perché ad Abele le cose andavano meglio che a lui, quasi fosse più benedetto di lui! Al di là delle possibili e difficili interpretazioni, mi colpisce nel brano il riferimento al volto: al volto abbattuto e al volto alto.

E' bello - dice Dio - quando tu puoi tenere alto il volto, non lo nascondi. Puoi guardare dritto negli occhi, sei nella trasparenza più assoluta, non ci sono ambiguità, non ci sono strumentalizzazioni, non ci sono strategie di interesse, sei diretto e per questo sei affidabile, i tuoi occhi parlano, parlano per te, sei un libro stampato. L'altro è nei tuoi occhi.

E' vigilia di devastazioni invece quando il volto è abbattuto. Quando l'altro non lo guardi in faccia, quando lo sguardo dell'altro lo eviti, quando l'altro scompare dal tuo orizzonte, sei fisso con il volto a terra. Non vai al di là del tuo interesse, del tuo successo, del tuo potere. A cui sacrifichi tutto: Il volto abbattuto, il "non riconoscimento" dell'altro. Fuori dal tuo sguardo.

E' come se l'altro lo avessimo cancellato dai nostri occhi. Ebbene il nostro racconto, quello della Genesi - come senz'altro vi siete accorti - termina ancora una volta in modo sorprendente.

Dopo tutto quello che è accaduto, dopo la devastazione della fraternità, dopo un giorno come quello, giorno del sangue che grida a Dio, Dio sorprendentemente tiene ancora alto lo sguardo. Anche su Caino. Quasi a dare forza - sino a sfiorare l'inimmaginabile - alla difesa di ogni volto, al riconoscimento di ogni volto, anche se di assassino, anche se di fratricida.

Dio spinge il riconoscimento all'estremo: "Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse". L'inviolabilità. Di ogni volto.

 

 


 
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