la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella terza Domenica dopo l'Epifania
secondo il rito ambrosiano


24 gennaio 2016



 

 

Nm 13,1-2.17-27
Sal 104
2Cor 9,7-14
Mt 15,32-38

"Sento compassione per la folla, ormai da tre giorni sono con me". E il verbo greco è quello che segnala la compassione, la tenerezza, come un fatto di viscere. Non è un moto di superficie. E' una cosa che ti prende anche fisicamente. Vedete, il vangelo racconta fatti - oggi quello della condivisione dei pani - ma alza un velo anche sui sentimenti.

E spesso mi bussa, forse bussa anche a voi, una domanda: "Che cosa provava in quei momenti Gesù, che cosa mai gli ribolliva dentro, nell'anima?". Era sul dosso di un monte, ci era arrivato dal lago e - perdonate se immagino - ancora non gli si era stemperato in cuore il viso di una donna, una donna cananea, pagana, che l'aveva commosso per la sua grande fede, la donna aveva vinto la sua resistenza a darle ascolto per la figlia, ricordando proprio a lui che i cagnolini vivono delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni.

Erano passati tre giorni, e lui, immerso in una folla di malati e angosciati, a sollevare corpi e anime. Ora non si trattava solo di cagnolini o di briciole, ora il bisogno di pane si era come ingigantito: si sentiva stringere alla viscere, ce ne sarebbero voluti davvero tanti per una folla di quelle proporzioni. Non poteva sopportare l'idea, proprio non la poteva sopportare, che quella folla andandosene, affamata com'era, rischiasse di venir meno per strada, non era cosa per lui sopportabile.

Ma subito nel nostro brano fa capolino la sproporzione. E' un brano di sproporzioni. Sia in negativo che in positivo. Quella che subito appare, nelle parole dei discepoli, ma anche in tanti nostri pensieri oggi, è la sproporzione in negativo. Obiettano:"Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?".

Domandò loro: "Quanti pani avete?". Dissero: "Sette pani e pochi pesciolini". La sproporzione, un divario, uno scarto, insuperabile anche nelle più fantasiose delle immaginazioni! Ci si potrebbe arrendere lì, a una constatazione realistica. Anche oggi, ricondotti, si dice, a un sano realismo che salvi da facili ingenuità. Un realismo che registra scarti insanabili.

La sproporzione negativa. La puoi invocare negli ambiti più diversi, i sette pani e i pochi pesciolini; il poco lavoro, il lavoro che manca; le poche risorse, le risorse che mancano; le possibilità di condivisione con gli immigrati, le possibilità che mancano; e potremmo allungare a dismisura l'elenco, nascondendoci dietro i sette pani e i pochi pesciolini.

Sette pani e pochi pesciolini che, a veder bene, nel racconto - lo dobbiamo subito aggiungere - non sono il punto di arrivo, cioè una realtà a cui arrendersi, ma - importante questo messaggio del vangelo! - un punto di partenza: partiamo da lì, non arrendetevi alla sproporzione negativa, fatene un punto di partenza, partite dai sette pani e dai pochi pesciolini. E condividete!

Penso che anche voi vi siate accorti come nel racconto non si parli di moltiplicazione di pani o di pesci, non si vedono mani che moltiplicano, si vedono mani, le mani benedette di Gesù che spezzano pane: "Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli e i discepoli alla folla". In primo piano - voi lo avete notato - c'è questo spezzare e questo passaggio di mano in mano.

Ed ecco a svelarsi ora è la sovrabbondanza positiva, il pane arriva insperatamente a tutti, se ne avanzano sette sporte. Matteo sta raccontando la seconda condivisione del pane e con i numeri simbolici, qui il sette - a differenza della prima che con il numero dodici evocava le tribù di Israele - qui sembra evocare tutti i popoli, la sovrabbondanza dei popoli, a cui va la tenerezza, la compassione di Gesù.

C'è nel racconto questa sensazione di sovrabbondanza, ma anche di gioia vissuta: li ha fatti sedere, si consuma insieme su un prato, si consuma riconoscendo nel pane e nei pesci un dono - rese grazie -. Pane e pesci nella festa e nella gioia. Dentro una coralità. Sovrabbondanza di cibo, ma anche di festa dunque.

Sovrabbondanza, una nota, questa, che possiamo evocare anche dalla narrazione che oggi abbiano ascoltato dal libro dei Numeri, dove è detto che coloro che erano andati ad avvistare la terra promessa, erano ritornati portando in due con una stanga un grappolo d'uva di quei posti e, insieme, melograne e fichi. Come a dire che Dio pensa in grande.

E che Dio pensi in grande ce lo ha detto Gesù anche con questo racconto di Matteo. In grande nella condivisione. Impariamo da Dio, impariamo da Gesù. Che cosa? La sovrabbondanza. E non è forse questo l'invito di Paolo ai cristiani di Corinto, che vengono sollecitati alla generosità nella raccolta di fondi che Paolo sta facendo in favore della chiesa più povera, quella di Gerusalemme?

E spinge alla sovrabbondanza, ma una sovrabbondanza di cuore: "Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia". E poi riprende il verbo "largheggiare", che è il contrario della tirchieria. E chiama la colletta, pensate, "un servizio sacro", quasi fosse una liturgia.

La sovrabbondanza, ma insieme la cura e la custodia del dono. C'è un rispetto che è dovuto al dono, a quei pani e pesciolini. E' scritto infatti "portarono via i pani avanzati in sette sporte piene". Altro urgente messaggio, che tocca i nostri stili di vita, anche quotidiani, messaggio recensito con chiarezza e fermezza da papa Francesco nella sua enciclica "Laudato si'" là dove scrive: "Sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo degli alimenti che si producono, e "il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero"".

Ci si riempiono i pensieri oggi, dentro una società come la nostra, dove capita di leggere notizie che sono in tutt'altra direzione, come quella che è apparsa in questi giorni sui quotidiani: una indagine ha portato allo scoperto come oggi 62 persone nel mondo sono più ricche di 3 miliardi e 600 milioni di persone. La sovrabbondanza dell'indifferenza. Che tristezza! Un mondo a rovescio, a rovescio di come lo sogna Dio.

E allora ritorniamo a quell'angolo di monte, alla tenerezza di Gesù. A quel bisbigliare di festa sul prato per un pane che passa dalle mani degli uni alle mani degli altri. Icona di una terra verso cui andare. Con un passo lungimirante, deciso, appassionato.

 

 


 
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