la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella seconda Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


22 novembre 2015



 

 

Is 19,18-24
Sal 86
Ef 3,8-13
Mc 1,1-8

Vorrei sostare su una parola: "la via". La rinveniamo nelle letture di questa domenica di avvento, ma, penso, come desiderio, anche dentro tanti pensieri di questi giorni: una "via", una via da aprire, urgenza di una via da aprire. Una via che sia una vera via e non un imbroglio o un fallimento, che non sia una strada che poi, a conti fatti, si riveli malauguratamente strada senza vie di uscita, sbarrata, strada cieca.

Una via da aprire a chi? Certo a Gesù. Che è la notizia buona secondo l'evangelista Marco. Marco introduce il suo racconto con queste parole: "Inizio del vangelo - 'inizio della buona notizia' - che è Gesù, il Messia, Figlio di Dio". E già questo mi fa sospeso il cuore e mi intriga: dire che il vangelo, la notizia buona, per me oggi, per noi oggi, per questa terra che amiamo, è una persona, è Gesù. Dire che l'inizio di una notizia buona - e chi non desidererebbe l'inizio finalmente di una notizia buona? - è Gesù!

E subito Marco, tralasciando gli anni dell'infanzia e della adolescenza di Gesù, mette in campo nel suo racconto un Gesù ormai adulto che viene da Nazaret a si fa battezzare nel Giordano da Giovanni il Battista. Prima ancora che Gesù arrivi al Giordano, Giovanni ne anticipa la venuta e, rifacendosi alla profezia di Isaia, invita con urgenza a preparare la via. A chi tocca preparare la via? Nella citazione di Isaia dapprima sembra che debba essere un messaggero a fare da apripista: "Ecco dinanzi a te io mando il mio messaggero. Egli preparerà la tua via".

Ma subito una voce dal deserto, voce che è grido, rilancia una chiamata al plurale, un invito corale. Quasi che preparare la strada non fosse affare di uno, ma compito che spetta a tutti, entrano in scena tutti: "Voce di uno che grida nel deserto: "Preparate" - al plurale - "preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Non so se a volte prende anche voi come la sensazione di scoramento nel non sapere più che strada scegliere, sensazione di essere come smarriti.

Smarrimento. Un po' come se si annebbiasse l'orizzonte e si facesse fatica a intravedere la via. Succede quando le nebbie sono fitte e quasi non bastano i propri occhi a intravvedere un pezzo di strada. Che sia sicura, affidabile. Ebbene mi sembra molto concreto questo invito a preparare una strada, e che sia la strada di Gesù: quella che emergerà - sembra dirci Marco - dal racconto del suo vangelo. Si delineerà davanti agli occhi una via. Concreta, perché è una persona in carne e ossa. Concreta come la sua vita. Non dunque una astruseria, il vangelo non è una dottrina, un raduno di parole o di definizioni, è una via, ha la concretezza di una strada.

Apri questa strada nella tua vita. Anzi l'invito è al plurale: "Apriamola insieme". Non è solo strada per un singolo, è strada per l'umanità. Perdonate se insisto sulla via. E' una parola da cui vengo sempre affascinato quando leggo il libro degli Atti che racconta delle prime comunità cristiane. Affascinato da quella sorta di definizione dei seguaci di Gesù, sono chiamati: "quelli della via".

Quasi portassero, pur con tutti i loro limiti - e noi con i nostri - quasi portassero stampata nel viso, nei loro pensieri, nelle loro passioni, nel loro modo di intendere la vita, nel loro modo di operare, la via di Gesù, quella via fatta di tracce precise, inconfondibili, fuori dalla indeterminatezza delle nebbie umane. Entusiasti ed entusiasmanti, le prime generazioni cristiane non invitavano ad aderire a chissà quale sistema religioso, fatto di definizioni incomprensibili o di pratiche complicate, invitavano a intraprendere una via, una esperienza. Giocata sulle tracce di Gesù di Nazaret. La via. Penso alla concretezza della strada.

Ognuno la sua strada. Penso anche alle avventure della strada, penso alle avventure della vita di ognuno di noi; sì, anche alle nostre stanchezze, ai nostri smarrimenti, pur se abbiamo scelto di fare strada al Signore nella nostra vita. E l'avvento suona per me, che a volte ho deviato e mi sono perso, per la chiesa che a volte ha deviato e si è persa, per questa terra che a volte ha deviato e si è persa, come un invito a raddrizzare i sentieri: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri".

E' un occasione l'avvento. Purché io ci creda. Vorrei fare un passo successivo per identificare un tratto della via del Signore. Non è l'unico, ma è decisivo e ci è stato ricordato con parole colme di poesia, ma anche di concretezza, del rotolo del profeta Isaia. E' come se dalle parole sgusciasse il sogno di Dio. Guardate che è da valutare come una grazia avere ancora dei sogni, senza sogni si va indietro. E' solo con i sogni - se poi sono i sogni di Dio! - che si va avanti.

Diffidate delle parole che non hanno più vibrazione di sogni, diffidate dalle parole che spengono inesorabilmente accensioni e sogni. Il profeta annuncia un futuro, annuncia giorni, in cui popoli, che per Israele erano stati causa di devastazioni e deportazioni, si ritroveranno a vivere una comunione di intenti, una riconciliazione. Tutto il brano andrebbe riletto - lo lascio a voi - come spinta a sognare. Ma vorrei fermarmi sul passaggio che riguarda la via, la via da preparare. Perché si parla di strada.

Riascoltiamo: "In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria; l'Assiro andrà in Egitto e l'Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli eserciti dicendo: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità".

E' stupefacente e voi l'avete senz'altro intuito. La via di Dio, la via da preparare è una via di comunicazione, una via che mette in connessione, in dialogo, in condivisione, i popoli, popoli così diversi, assiri, egiziani, Israeliti, popoli, anche religiosamente, così diversi. Tocca a noi, a ciascuno di noi - Dio ce lo affida, ci affida il suo sogno - creare strade di comunicazione, di connessione, di comunione. Ed è questa la vera benedizione.

Mi colpisce molto questo verbo di benedizione che conclude le ultime parole del brano di Isaia. I tre diventano una benedizione in mezzo alla terra. "Li benedirà il Signore degli eserciti dicendo: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità". A noi il compito di preparare a tutti i livelli, da quelli più personali a quelli più universali, vie che mettano in comunicazione. E tutti - nessuno escluso - vi possano transitare.

Prepariamo una benedizione per la terra.

 

 


 
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