la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella seconda Domenica dopo la Dedicazione
secondo il rito ambrosiano


30 ottobre 2016



 

 

Is 25,6-10a
Sal 35
Rm 4,18-25
Mt 22,1-14

Oggi, ancora una volta, il racconto del profeta Isaia, il racconto del grande banchetto sul monte. A questo, secondo il profeta, siamo destinati. E se uno mi chiedesse: "Verso dove stiamo andando?", mi verrebbe da rispondere: "Andiamo verso un grande banchetto". Non so di più. Non voglio teorizzare sull'aldilà: è più quello che non so che quello che so. Però l'immagine del grande banchetto - lo confesso - non finisce di creare un'emozione - e spero che non sia appena l'effetto della vecchiaia -. Forse è vero anche per voi che non sono i concetti astratti a farci alzare per un sussulto il capo. Sono per lo più le immagini, le parabole, forse la poesia.

E non sarà per questo che Gesù non si perdeva in concetti? Raccontava parabole. Del grande banchetto di Isaia tutto mi prende il cuore. L'universalità del banchetto, per esempio, lui sta parlando agli israeliti, ma annota che il banchetto sarà per tutti i popoli. E mi dicevo: "Quanto dovranno starci male quelli che sono per un popolo solo!". E poi - lasciatemi dire - mi colpiva anche la corporeità delle immagini - anche se non so come sarà rispettata - un banchetto "di vini eccellenti, di cibi succulenti".

E quanto dovranno starci male - mi dicevo - quelli che parteggiano per i puri spiriti. E poi, finalmente, il velo che è tolto. Perdonate l'immagine è come se tu arrivassi su un monte e tutto è coperto da nebbie - la vita a volte assomiglia - la nebbia del non senso -, ma poi ecco che a un tratto il velo si lacera e tutto diventa incanto di colori e di immagini. E allora penso a quante cose per me sono come velate e penso alla gioia di quando il mondo, la vita, si svelerà. Penso anche al giorno in cui sarà asciugato il pianto. Perché - lasciatemi dire - faccio fatica, troppa fatica, anche in questi giorni, a cancellare dai miei occhi il pianto del mondo, il pianto delle donne e degli uomini che oggi camminano con me sulla terra.

E allora mi affido alla promessa: "La mano del Signore" - è scritto - "si poserà sul monte"! Vorrei ora sfiorare il brano del vangelo di Matteo. Dove anche Gesù parla di un banchetto. Leggendo mi veniva spontaneo pensare come quella, del banchetto, fosse un'immagine molto cara a Gesù. Pensate quante volte ricorre nelle sue parole! Ma non solo parlava di banchetti, li amava, al punto che passava agli occhi dei rigorosi come un mangione e un beone. Penso ai banchetti in casa di pubblicani e peccatori, o anche in casa di amici, anche in casa di un fariseo con quello che poi seguì per l'intrufolarsi di una donna e del suo profumo. Penso alla gioia di Gesù, penso che i suoi occhi fossero un lago di gioia, il giorno in cui, sul prato verde del monte, a distribuzione avvenuta di pani e di pesci, i suoi occhi riposarono sullo spettacolo dei cinquemila, e lui ad ascoltare il brusio di festa che veniva dal prato.

Vengo alla parabola di Matteo: "Il regno dei cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio…". E subito ci accorgiamo che qui l'espressione "regno dei cieli" non si riferisce all'al di là. Vorrei dire che nella parabola il "regno dei cieli" è già qui, è già ora: si parla di scelte che avvengono qui, avvengono ora; ora e qui posso disattendere l'invito; ora e qui posso uccidere la profezia che è spinta in avanti, ora e qui posso assistere a inviti che vanno oltre i confini.

Dunque l'immagine del banchetto vale anche per la nostra terra. E' da realizzare a cominciare da questa terra. Ancora una volta un'immagine positiva di Dio: un Dio che chiama a una festa, e non a un luogo di visi immusoniti o annoiati. A una festa di nozze. Abbiamo presente che cos'è una festa di nozze? Una domanda che può nascerci in cuore è sui rifiuti dell'invito: che cosa sottende il rifiuto dell'invito? E' scritto: "quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari. Altri poi presero i suoi servi e li insultarono e li uccisero". Parlando di questi ultimi e della loro ferocia, Gesù va oltre l'immagine del banchetto: siamo alle ultime battute della sua vita, i capi religiosi, come avvenne per i profeti, stringono i tempi per ucciderlo.

Rimane il problema degli altri di cui è detto: "Non se ne curarono". E questo è un verbo su cui soffermarsi. Di che cosa si prendono cura? Dei loro campi e dei loro affari. E' come se pensassero - scusatemi se mi esprimo così - ma che cosa ci guadagniamo andando a un banchetto, che cosa portiamo a casa? Vedete che cosa rovina il regno di Dio, il banchetto della vita? La riduzione dell'orizzonte della vita: a guadagnarci qualcosa. Ma se vai a una festa, vieni via come prima, come ci sei andato - dicono - Tempo perso! E invece no, è il tempo della festa, dell'incontro con un uomo e una donna che si promettono amore, è il tempo della coralità: incontri i volti.

La vita come incontrare la benedizione del volto, del volto di Dio e del volto degli altri. Che sono una ricchezza, Che sono una spinta a vivere. Che sono il superamento delle stanchezze. Non sanno che cosa perdono. Forse - dico forse, perché l'interpretazione non è immediata, e tanto meno univoca - malato di miopia è anche il personaggio della parabola che entra al banchetto senza abito nuziale. Qualcuno dice che abiti da nozze erano a disposizione di tutti. L'abito anche come segno di una coralità. E succede che uno, no! Uno si vuole distinguere. Uno al banchetto ci va, ma un po' da spettatore, senza lasciarsi coinvolgere. Sta sulle sue. Come se un po' guardasse dall'alto in basso quella gente in festa. Lui non si mescola, lui tiene le distanze. La sua è una presenza esteriore, non c'è partecipazione vera, non c'è condivisione.

E' quello che potrebbe capitare anche a noi, anche a me. Al banchetto dell'eucaristia o della via ci sono. Ma condivido gli orizzonti del vangelo? Per stare a un'immagine dell'apostolo Paolo, mi lascio rivestire di Cristo? Sta scritto nella lettera ai Romani:. "Rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm13,14). E la lettera ai Colossesi sembra chiamare a concretezza, scrivendo: "Rivestitevi di sentimenti di misericordia" (Col 3,12).
Io ho il vestito? - mi sono fatto la domanda -. Ho sentimenti di misericordia?

 

 

Lettura del profeta Isaia 25, 6-10a

In quei giorni. Isaia disse: / "Preparerà il Signore degli eserciti / per tutti i popoli, su questo monte, / un banchetto di grasse vivande, / un banchetto di vini eccellenti, / di cibi succulenti, di vini raffinati. / Egli strapperà su questo monte / il velo che copriva la faccia di tutti i popoli / e la coltre distesa su tutte le nazioni. / Eliminerà la morte per sempre. / Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, / l'ignominia del suo popolo / farà scomparire da tutta la terra, / poiché il Signore ha parlato. / E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; / in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. / Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; / rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, / poiché la mano del Signore si poserà su questo monte".

Sal 35 (36)

Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l'abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4,18-25

Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne "padre di molti popoli", come gli era stato detto: "Così sarà la tua discendenza". Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che "gli fu accreditato", ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".

 

 


 
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