la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella prima Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


15 novembre 2015



 

 

Is 13-4,11
Sal 67
Ef 5-11a
Lc 21,5-28

Inizia l'Avvento. Avvento è parola che ha sapore di attesa, pane di attesa. Avvento dice un venire verso di noi, incontro a noi. Chi viene? Che cosa viene? Viene realmente? O facciamo finta che venga? E a noi che cosa tocca? Come essere, come stare, che cosa operare nell'attesa… della sua venuta? Perché prima ancora che attesa di qualcosa, sembra di poter dire che la nostra è attesa di qualcuno: "della tua venuta" diciamo nella messa, "nell'attesa della tua venuta Gesù": "allora" è scritto "vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria".

La nube nel cielo dunque non sarà più una nube che avvolge e vela il divino, come succede oggi per noi che Gesù non lo vediamo ancora faccia a faccia, ma solo come in uno specchio, come dietro una nube che lo avvolge. Oggi, se pur credenti, rimane un velo. Ma al ritorno del Figlio dell'uomo la nube starà sottoposta, sconfitta, vincerà lo svelamento. Siamo in attesa di uno svelamento. Tante cose, troppo cose - diciamocelo - non ci tornano, vorremmo vedere oltre, capire oltre. "Siamo in attesa, ciò che tarda verrà". E' questo il messaggio. Che traluce dal racconto apocalittico del vangelo di Luca .

Apocalittico non nel senso di premonitore di chissà quale deflagrazione finale, non è questo il senso di "apocalisse" nella Bibbia. Che invece ha senso di svelamento. Di riconoscimento di ciò che in realtà, sotto ambigue apparenze, sta realmente avvenendo. E quindi siamo chiamati come lettori di segni a non fermarci al'apparenza, ma a vedere oltre. A non rimanere nella paura, ma a camminare oltre. Se il brano del profeta Isaia e quello di Luca avessero l'intenzione o l'effetto di ingigantire le paure, ditemelo voi che vangelo, che buona notizia, sarebbero? Non abbiamo di certo bisogno di ulteriore terrorismo psicologico.

E' vero, le immagini nelle letture suonavano inquietanti, perché a volte le immagini che la vita ci rimanda sono inquietanti - e non lo sono forse quelle di queste ore? - ma una cosa mi stupiva: il fatto che il racconto arrivava sì a immagini drammatiche, incombenti, oppressive, ma, ecco, improvvisamente si apriva. E poi ancora immagini di inquietudine, ma ecco subito un'apertura. Alla fine sempre un'apertura! Scansioni di paura che davano sorprendentemente il passo a parole come queste: "Non lasciatevi ingannare". E ancora: "Non vi terrorizzate". E ancora: "Avrete occasione di dare testimonianza". E ancora: "Con la vostra pazienza salverete la vostra vita". Sino alle ultime, bellissime, parole che chiudono il nostro brano di vangelo: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

"Quando cominceranno ad accadere queste cose…". E non sarà, mi chiedo, che queste cose cominciano ad accadere lungo tutta la storia e non hanno mai finito di accadere? Anche oggi. Perché tutta la storia è come segnata da questa conflittualità. E ne sono prova in modo drammatico i nostri giorni, queste nostre ore, da cui usciamo frastornati, impauriti, feriti, devastati. E accadranno sino all'ultimo giorno, quando - dice Gesù - le potenze che avranno imperversato incontrastate, spietate nella loro arroganza, "saranno sconvolte". Cadranno!

Con il fragore del vuoto che le abita. "Come si dissolve il fumo" abbiamo oggi letto nel rotolo di Isaia. Da oggi tu cerca di intravvedere la loro dissoluzione. Tieni dunque sempre viva l'attesa. Quali allora gli atteggiamenti da coltivare "nell'attesa della sua venuta"? Lasciate che ripercorra brevemente, solo per accenni, alcune indicazioni che abbiamo ritrovato nel brano di Luca. "Badate di non lasciarvi ingannare".

Nel tempo di mezzo, che va dalla venuta di Gesù al suo ritorno, il nostro tempo, "badate di non lasciarvi ingannare". Ingannare da chi? Notate, da quelli che usano parole religiose, da quelli che hanno facile il nome di Dio sulle loro labbra, da quelli che ti dicono: "Dio è qui, Dio è là". Intrigante questa messa in guardia dagli uomini religiosi, una categoria di cui io faccio parte. Da quelli che pretendono di dare loro un posto a Dio. Loro lo sanno. Badate di non lasciarvi ingannare. Da parole espresse con una sicurezza spavalda, lontana da ogni sana inquietudine, parole alte, astratte, quando il messaggio di Gesù è semplice, concreto, ha un volto, concreto, il suo.

Altra indicazione: "Non vi terrorizzate". I segni funesti - e ce ne sono, ce ne sono in ogni tempo - hanno l'effetto, il triste effetto, di terrorizzare: "gli uomini" è scritto" moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra". Mi ha colpito l'espressione "moriranno per la paura". Guardate che prima ancora di morire di morte naturale, si può morire di paura. Una paura che toglie energie, ci fa rintanare, ci paralizza, non ci permette di osare, di tentare, di inventare.

Non sarà - me lo chiedo - che stiamo un po' vivendo questa assenza di vitalità, di scommessa sulla vita, di entusiasmo? Come morti. E, ancora è scritto: "Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita". Tenete duro, anche quando non vedete subito accendersi i segni del regno di Dio. Abbiate la pazienza del contadino, che sa attendere anche quando non vede ancora germogli. Seminate cose buone, gesti umani e perseverate nella fiducia che riposa su Dio.

E ultimo invito, dentro le mutazioni della storia, dentro le speranze e le contraddizioni che la segnano: "Risollevatevi e alzate il capo". E' questo il segno che siete in attesa della sua venuta, il segno è che vi sollevate e alzate il capo. Quando le depressioni, le disillusioni, le tragedie ci fanno piegati e curvi, capo chino e muso a terra, e quasi non ci rimane più voglia di ricominciare e di lottare, quando tutto ci sembra logoro e inutile, ci giunga, ci risuoni dentro questa parola ultima del vangelo di oggi: "risollevatevi e alzate il capo, la vostra liberazione è vicina".

Inizia una nuova giornata: "Risollevati, alza il capo". Non lasciarti fermare. Riprendi a camminare. A camminare come, concretamente? Nella carità e nella luce. Abbiamo raccolto questo messaggio semplice dalla lettera agli Efesini: "Camminate nella carità nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi… Comportatevi come figli della luce: ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità". "Come figli della luce" è scritto. C'è una scintilla dentro di noi, una scintilla di luce, di umanità, di bontà. In ciascuno di noi. Lasciati condurre, cammina in questa luce.

Nell'attesa della sua venuta.

 

 


 
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