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Angelo Casati , il 23 novembre 2014, a Crema



Gli sconfinamenti di Gesù


Gli sconfinamenti di Gesù è il titolo che avete voluto dare a questo mio intervento. E come orizzonte avete voluto ricordare un testo che dice lo sconfinamento, ma insieme anche la fatica di sconfinare. Ascoltiamo il brano di Matteo15, versetti dal 21 al 28:

Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio". Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!". Egli rispose: "Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele". Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: "Signore, aiutami!". Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". "È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". Allora Gesù le replicò: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita".

Da dove veniva Gesù quel giorno in cui incontrò la donna cananea? Lui usciva dalla casa di un fariseo, usciva da una discussione durissima su puro e impuro, una discussione provocata dai suoi discepoli che mangiavano pane con mani impure. Questa l'accusa. Esce e si dirige verso la terra degli impuri, Tiro e Sidone. Quasi volesse respirare aria nuova, fuori da quell'aria pesante. Dunque passi di sconfinamento. Secondo Matteo dunque Gesù prima di varcare il confine degli impuri si vede avvicinare dalla donna cananea. Lei il confine lo ha già oltrepassato, la donna gli chiede un segno di compassione per la sua figlia tormentata da un demonio.

E' lei che passa il confine degli impuri e grida al Rabbi di Nazaret tutta la sua angoscia per quella sua figlia. Ed è come se Gesù, stranamente, avesse difficoltà ad attraversare il confine verso la donna pagana, dico un confine interiore, su cui pesavano secoli di pregiudizi. E non ditemi che lo faceva per provocare la donna. Che brutta immagine, di Gesù e di conseguenza di Dio, finiscono per avallare certi commentatori che interpretano come "si fa per dire" le parole di Gesù. Che di parole "si fa per dire" non ne ha mai dette.

C'è anche una fatica a sconfinare, l'ha patita anche Gesù. Ma se non si sconfina che brutta immagine di Dio si va ad avallare. Quella brutta immagine di Dio che la cananea, lei donna pagana, proprio non riesce di accettare e dà, perdonate, una lezione di teologia a Gesù: un Dio che rifiutasse pezzi sbocconcellati di pane ai suoi figli perché cagnolini, perché pagani, che Dio sarebbe? Quale immagine di Dio? Gesù ascolta la sapienza teologica di quella donna e sconfina. Per opera di donna. Passa, passa una volta per tutte il confine.

Le dice: "Donna, la tua fede è grande". L'avessero sentito gli uomini religiosi! Dare crisma di fede, e grande, a una pagana. Sconfina. Dove sta l'intuizione della donna? Ha intuito due grandi verità. La prima è che noi siamo cagnolini e a Dio ci rivolgiamo dalla nostra impurità, dal paese della nostra lontananza. Tutti, nessuno escluso! Seconda verità: che però, al banchetto del regno, il pane non è contato e se Dio è un Dio che provvede, provvederà anche agli impuri, ai cagnolini, supererà il confine puro-impuro. Gesù guardò la donna, ascoltò la donna che si metteva sì tra i cagnolini, ma gli parlava anche di un Dio che le briciole non le può - certo non le può! - negare ai cagnolini. Altrimenti che Dio sarebbe? Ascoltò l'insegnamento, la sapienza teologica dei cagnolini. E passò, passò una volta per tutte il confine. Le disse: "donna, la tua fede è grande". Fede di una donna che la chiesa ortodossa, in un prefazio della sua liturgia, chiama "apostola" e "teologa". Ha intuito e annunciato che al banchetto di Dio il pane non è contato, ce n'è per tutti, anche per i cagnolini.

Gesù passò il confine, se pur a fatica. Questo brano mi si è collegato all'improvviso nella mente a un altro brano, questo del vangelo di Giovanni, dove il problema non è quello dello sconfinamento dal territorio ma quello della sconfinamento dall'ora. E di mezzo c'è ancora una donna. Mi chiedo se non sono proprio le donne, in forza della loro natura di donne, le più pronte agli sconfinamenti, le più lontane dagli arroccamenti.

La donna che fa sconfinare Gesù sull'ora è sua madre, Maria. Siamo a Cana di Galilea, nel pieno di un banchetto di nozze e lei chiede un segno al figlio, lei che si è accorta che viene a mancare
il vino: "Non hanno più vino". Per risposta si sente rispondere da Gesù: "Non è ancora giunta la mia ora". Il segno del vino avrebbe anticipato l'ora dell'innalzamento sulla croce! Maria non desiste, ai servi dice: "Fate quello che vi dirà". E Gesù sconfina sull'orario, fa il segno, anche se
il segno anticiperà di giorni l'ora della croce. Sono due momenti che mi raccontano la bellezza dello sconfinare, ma anche il prezzo dello sconfinare di Gesù.

L'impressione che ho io, poi ne possiamo discutere o anche dissentire, è che Gesù con le nostre predicazioni lo abbiamo rinchiuso, prigioniero, va liberato, rinchiuso in un racconto idilliaco, molto Dio e poco uomo, e senza dubbio un uomo "per bene" come deve essere un uomo religioso. Invece fu uomo di piena umanità, e fuori dai normali schemi, sovvertiva, sconfinava: Un rabbi che sconfinava, mi è capitato di chiamarlo. La sua vita tutt'altro che secondo i sacri canoni. Qualcuno direbbe che se le andava a cercare. Oso invitarvi a leggere il vangelo sotto questa categoria. Non dico ad ogni pagina, ma per quasi tutto il racconto trovate un Gesù che è fuori, che rivoluziona. Penso che la pretesa di riportare Gesù nei confini non abbia altro effetto se non quello di impallidire o forse meglio cancellare la buona notizia.

Che ce ne faremmo di un Gesù ricondotto alle nostre pallide ovvietà? Perché lo sconfinare ha un nome: "grazia". Grazia dice sconfinare, fuori dal dovuto, fuori dalle premesse. Grazia - chissà quante volte ci avete pensato! - è una parola che non sta nei confini. Dagli inizi fino al termine della sua vita Gesù a sconfinare. Scompigliando. Comincia già quando ancora non lo si vede, ed è nascosto nel grembo tenero di una donna. Va in un paese ai confini a scompigliare la vita di una ragazza con quel gonfiore del corpo che le incollerà addosso gli occhi curiosi e sospettosi dei suoi concittadini e gli occhi inquieti e sofferenti turbati di Giuseppe. Sconfina. Nasce ed è fuori i confini: prima fotografia, ora che è fuori dal grembo è adorato da pastori razza sospetta. Muore fuori i confini, ultima fotografia, fuori la città, morto di croce, tra due malfattori. Fuori la città, in posto laico, perché nessuno vantasse proprietà su di lui. In mezzo, tra nascita e croce una vita, perdonate, a sconfinare.

Poco si sa di lui di quando era ragazzo, un fotogramma, uno solo nei vangeli, e per dire che era fuori. Lo trovano fuori, fuori dalla carovana, fuori perché lo vuole lui, non perché si è smarrito come si usa ancora dire quando si recita il rosario. Sconfina dalla famiglia. E' vero, ritorna a casa, ma dite che c'era con la testa? Con la testa era nelle cose del Padre suo. Allora sconfini. Ma non da vagabondo, ma da nomade perché hai un centro verso cui aneli. Non ti lasci catturare. Pensate, più tardi da grande quelli di casa, sua madre, i suoi, preoccupati che lui e i suoi discepoli neanche trovassero il tempo per mangiare, "uscirono" - è scritto - "per andare a prenderlo", verbo duro, quasi da cattura. A prenderlo, perché dicevano: "È fuori di sé", fuori di testa. Sconfinava. Secondo loro ci voleva una misura, era fuori misura. Fuori di testa.

Chissà, mi chiedo, se qualche volta lo siamo anche noi o se abbiamo anestetizzato il vangelo, fuori da ogni follia. Una chiesa nei confini. "E stando fuori" è scritto mandano a chiamarlo. "Gli dissero: Ecco tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle sono fuori e ti cercano". Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli e le mie sorelle?". Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli!". Sconfina in un'altra casa, che non è di cattura. Il Dio di Gesù Cristo, il Dio che vediamo e tocchiamo in lui, è il Dio dello sconfinamento. Era ciò che faceva sussultare di rabbia, inviperire il gruppo intransigente dei grandi capi dei sacerdoti e dei farisei. Era un pericolo pubblico e andava fermato, lo hanno fermato, fermato sulla croce. Pensavano di averlo fermato. Ha sconfinato. Nella risurrezione.

Aveva messo sotto accusa, dicevo, una religione ridotta a ideologia, dove non sentivi più pulsare il cuore di Dio, un Dio che ha cuore di padre e di madre. Lui per dirlo sconfinava. Mangiava con pubblicani e peccatori facendo invelenire gli uomini di una legalità spenta e senza cuore, mangiava non con i perfetti, ma con peccatori Lui a tavola con i peccatori, ancora non convertiti: mangia con loro, che sono impuri. Non solo, ma si lascia ungere e profumare dalla donna, una poco di buono. La difende. E dice una cosa strabiliante, la dice con forza. Dice: "In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto" (Mt 26,13).

Noi non sappiamo il nome della donna, ma noi oggi parliamo di lei, dopo duemila anni. Parliamo di una cosiddetta impura, "peccatrice di quella città" (Lc 7,37). Di lei Gesù dirà: "Ha amato molto" (Lc 7,47). Ma pensate alle obiezioni dei nostri moralisti, se non sapessero che a dire queste parole è stato Gesù. "Ma come?" direbbero "ha molto amato? Ha amato male". Gesù sconfina da questa purezza legale, intesa come separatezza, quella degli inquisitori. E la rimprovera a Simone nella sua casa, lui così osservante. E così freddo, così gelido! "Vedi questa donna ? Sono entrato nella tua casa e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi, lei invece mi ha bagnato i piedi con le sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di profumo, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi" (Lc 7,44-46).

Pensate alla rivoluzione operata da Gesù. Pensate, la purezza, non come distacco, non come separatezza, ma come passione! Per fedeltà, notate, per fedeltà a Dio e a noi, fu una necessità per Gesù buttare alle spalle ogni pregiudizio, ogni incasellamento degli umani, ogni principio astratto e avvicinarsi. Togliere la distanza, guardare, ascoltare. Stare in ascolto della sapienza dei cagnolini, la sapienza di una donna. Mi chiedo che cosa si opponeva ai suoi giorni, e che cosa si oppone oggi, allo sconfinare per le vie di Dio e del vangelo? Potemmo evocare una parola "conservatorismo". "Questa tentazione di conservatorismo" scrive José Antonio Pagola "è molto forte in tempi di crisi religiosa. È facile allora invocare la necessità di controllare l'ortodossia, rafforzare la disciplina e la normativa, assicurare l'appartenenza alla Chiesa…

Tutto può essere spiegabile, ma non è spesso una maniera di svigorire l'Evangelo e congelare la creatività dello Spirito? Per i capi religiosi e i responsabili delle comunità cristiane può essere più comodo "ripetere" in maniera monotona le strade ereditate dal passato, ignorando gli interrogativi, le contraddizioni e le proposte dell'uomo moderno, ma a che serve tutto questo se non siamo capaci di trasmettere luce e speranza ai problemi e alle sofferenze che scuotono gli uomini e le donne dei nostri giorni? Il messaggio di Gesù è chiaro. No al conservatorismo, sì alla creatività. No a una vita sterile, sì alla risposta attiva a Dio. No all'ossessione della sicurezza, sì allo sforzo arrischiato per trasformare il mondo. No alla fede seppellita sotto il conservatorismo, sì al lavoro impegnato nell'aprire vie al Regno di Dio".

Mi sembra di poter dire - a parziale discolpa, ma parziale rimane - che non ha avuto, e non ha nemmeno oggi forse, buona frequenza nei nostri ambienti ecclesiastici, un'educazione allo sconfinamento e all'invenzione. Ha avuto ed ha più frequenza invece, nei nostri ambienti, un'educazione alla ripetizione. A volte mi viene di immaginare quante cose nel mondo sarebbero fiorite se, anziché insegnare a ripetere modelli, avessimo insegnato ad ascoltare il vento, il vento di cui parlava Gesù nella notte a a Nicodemo e gli diceva che i veri credenti come il vento sconfinano, il vento non sai di dove viene e dove va.

Purtroppo la nostra vita di credenti non ha offerto con immediatezza l'immagine del vento e dello sconfinamento. A parziale conferma vorrei raccontarvi di una recensione apparsa mesi fa su un quotidiano, la recensione di uno spettacolo teatrale "Nessi", creato da Alessandro Bergonzoni. "Di che cosa parla nello spettacolo?" gli viene chiesto. Risponde: "Del geniocidio che viene prima del genocidio perché ammazza la parte artistica che è in noi, l'intelligenza, la poesia… Applaudiamo a chi fa il verso, a chi scimmiotta qualunque cosa. Sì, ma dove siamo? Non ci si protegge dalla guerra, dalla violenza, dalla mafia, dalla crudeltà, se non troviamo l'arte e la poesia dentro di noi. La mia è una invocazione, non una preghiera. Mi interessa la spiritualità. Che non ha niente a che vedere con la religione. Tra i credenti e i non credenti io scelgo gli incredibili. Faccio antepolitica, che non è antipolitica, ma è ciò che viene prima. L'indignazione non val niente se non è collegata a una reale metamorfosi. Prima di manifestare in piazza, bisogna manifestare dentro, fare sciopero interiore. Più che di umanità, abbiamo bisogno di sovrumanità e di emanità. Il mio teatro è un attestato di frequenza, emaniamo e captiamo energie. Siamo accesi".

Sorprendente consonanza con i pensieri di Gesù! È lo Spirito, che è vento, che sospinge in spazi aperti, chiama fuori dai particolarismi, dalle sette, apre al rispetto delle diversità, le diversità delle lingue. Miracolo dello Spirito non è creare un'unica lingua, la lingua cattolica, un'unica lingua per tutti. Miracolo di Pentecoste è il fatto che ognuno - dice la lettura degli Atti - nella "sua" lingua, senza esclusione, senta annunziare le grandi opere di Dio. Non il rinchiudersi e separarsi nelle diversità, nelle corporazioni è miracolo, ma il formare il popolo delle diversità.

Questo è il miracolo, questo il dono da invocare insonnemente dallo Spirito. L'invito è ad uscire verso coloro che giudichiamo diversi da noi, coloro che per un pregiudizio giudichiamo vuoti di Spirito. Ma uscire con la convinzione che niente è pagano, tutto abitato dallo spirito. Non con l'aria di chi pensa che lo Spirito lo portiamo noi.

Ricordate l'episodio degli Atti. Pietro viene chiamato da una visione ad andare nella casa di Cornelio, un centurione pagano, a Cesarea. Pietro esita ad avere contatti con ciò che riteneva impuro, ma Dio lo spinge a non chiamare profano o impuro ciò che lui ha santificato. Ed ecco che Pietro è testimone oculare della discesa dello Spirito Santo su quella casa, ancor prima che fosse loro dato il battesimo. Dice Pietro: "Mi sto rendendo conto che Dio non fa differenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque popolo appartenga". Pietro dà loro il Battesimo. Di qui le critiche di coloro che stanno rigidi nelle tradizioni religiose, le critiche di coloro che giudicano tra puro e impuro.

Papa Francesco mesi fa ha commentato questo episodio, che non teme di definire uno tra i più belli delle Scritture Sacre. Si è chiesto anche, con un filo di ironia, che cosa succederebbe oggi nella chiesa se in questi giorni venisse una spedizione di marziani e uno di loro dicesse: "Ma, io voglio il Battesimo!". "Che cosa accadrebbe?" si è chiesto. Vi lascio alle sue parole, molto più coinvolgenti delle mie: Pietro - ricorda Papa Francesco - rasserena tutti con questa affermazione: "Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che ha dato a noi, per avere creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?". E questo è il commento di Papa Francesco: "Quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: 'No, Signore, non è prudente! No, facciamo così'… E Pietro in quella prima diocesi - la prima diocesi è stata Antiochia - prende questa decisione: 'Chi sono io per porre impedimenti?'. Una bella parola per i vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani. Ma chi siamo noi per chiudere porte? Nella Chiesa antica, persino oggi, c'è questo ministero dell'ostiario. E cosa faceva l'ostiario? Apriva la porta, riceveva la gente, la faceva passare. Ma mai c' è stato il ministero di quello che chiude la porta, mai!".

Ancora oggi, ripete Papa Francesco, Dio ha lasciato la guida della Chiesa "nelle mani dello Spirito Santo". "Lo Spirito Santo - prosegue - è quello che fa camminare la Chiesa. Sempre più, oltre i limiti, più avanti...Per usare una parola di papa Giovanni XXIII: è proprio lo Spirito Santo che aggiorna la Chiesa: veramente, proprio la aggiorna e la fa andare avanti. E noi cristiani dobbiamo chiedere al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo. La docilità a questo Spirito, che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze della vita, ci parla nella vita ecclesiale, nelle comunità cristiane, ci parla sempre".

Insistente nelle parole di Papa Francesco la condanna delle chiusure. Qualche mattina dopo il commento alla pagina degli Atti, Francesco aggiunse: "Tante volte noi in Chiesa siamo una ditta per fabbricare impedimenti, perché la gente non possa arrivare alla grazia. Che il Signore ci faccia capire questo".

Chiudo con la storia di una ragazza, con la preghiera di un Vescovo e con una parola di un laico di cui già vi ho parlato. La ragazza si chiama Alessia. Che cosa l'aveva potata in parrocchia quel giorno, proprio lei che ai nostri ambienti ecclesiastici proprio non ci era abituata. Lei che non aveva nessuna frequentazione di preti. Non era battezzata e nemmeno lo è oggi. Mi chiese di parlarmi. E già è dono - penso che tutti voi conveniate - già è dono che qualcuno ti chieda di parlarti. Ancor più che un uomo, una donna, ti sveli il suo cuore. Sentiva dentro di sé, mi disse, come un'attesa, un bisogno. E si era chiesta se quello fosse un luogo in cui esplorare il bisogno, se la fede potesse avere a che fare con l'attesa da cui era abitata. Che la abitava e la metteva in cammino. Arrivava da lontano. O da vicino? Come un giorno era successo ai Magi, scrutatori di stelle. Da lontano o da vicino? Loro venivano dall'Oriente. E dov'è l'oriente di un uomo o di una donna? E che cosa trovano nei nostri ambienti i cercatori di stelle, loro in cerca di qualcosa che abbia a che fare con un senso? Trovano brividi o pesantezze? Che cosa avrei potuto proporre a una ragazza come lei, abitata da un'attesa se non il Vangelo, che, come dice la parola, è buona notizia e colui che è un vangelo, una buona notizia, Gesù di Nazaret?

Rimasi sorpreso - erano passati solo alcuni giorni - sorpreso e commosso, dalle sue parole. "Finalmente" diceva "Milano si è tinta di sole. Continuo a leggere la Bibbia, con a volte la sensazione di comprendere, di sentire e che non ci sia quasi bisogno di pensare troppo, di capire. Succede semplicemente che delle cose risuonano, mi commuovono, mi fanno venire una gran voglia di vivere, un gran desiderio di avventure umane, della propria avventura umana". E io con l'attesa in cuore di capire che cosa avesse incantato una come lei dietro le pagine che raccontano di Gesù. "Sono rimasta affascinata" mi disse "dalla libertà di Gesù, dalla libertà che dà Gesù. Non ho mai trovato qualcosa di simile. Respiro la libertà".

Sì, la respiri ad ogni pagina. Ed è sconcertante che chi tocca le pagine per la prima volta ne rimanga segnato, sedotto, mentre noi, che le abbiamo ricevute da tempo, in tante nostre espressioni siamo per lo più confinati nella figura di chi vive l'assuefazione e non nella figura della libertà di Gesù, una libertà che gli veniva dalla sua passione per Dio e per l'uomo. La passione per Dio e per l'uomo lo rendeva luminosamente libero. Libero di sconfinare. Mi chiederete di Alessia, non è ancora battezzata, ma da qualche anno si è aggiunta a un gruppo di giovani coppie che si raduna una domenica al mese, sarà la prossima, a leggere pagine della Bibbia. Se le poppate del suo ultimo bambino glielo consentiranno - sì, perché da qualche anno si è sposata - sì, se le poppate glielo consentiranno, se il suo impegno di lavoro non la frenerà lontano, lei ci sarà.

Ora la preghiera del vescovo, un vescovo francese. Mons. Guy Deroubaix, vescovo di Saint Dénis, morto nel 1996, che in una sua preghiera per la chiesa scrive:

Una chiesa
In cui lo Spirito Santo potrà sentirsi invitato
perché non sarà già stato tutto previsto,
regolato e deciso in anticipo:
una chiesa aperta.
Una chiesa
In cui l'audacia di fare cose nuove
sarà più forte dell'abitudine di fare come prima.
Una chiesa in cui ognuno potrà pregare nella sua lingua,
esprimersi nella sua cultura
ed esistere con la propria storia.
Una chiesa di cui la gente non dirà:
"vedete come sono bene organizzati",
ma "guardate come si amano".

Ultima parola, questa brevissima, di un laico, sempre Alessandro Bergonzoni che dice: "Nella vita ho fatto voto di vastità". Di vastità, potremmo dire di sconfinamento.
Gli sconfinamenti di Gesù.


don Angelo Casati

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