interventi


Angelo Casati , il 25/3/2002, Lecco



VEGLIA IN MEMORIA DI
MONS. OSCAR A. ROMERO E DI DAVID MARIA TUROLDO


Questo nome che dice il nostro ritrovarci qui questa sera ha su di me , ma penso su tutti voi, un grande fascino.

Occorre vegliare. Guai ad addormentarsi di questi tempi.
Che il Signore ci apra gli occhi. E beati coloro - ed entriamo in argomento - che ci aprono gli occhi. Che ci aprono gli occhi sono gli ultimi o, se volete, i piccoli.

I miei pensieri questa sera sono fogli sparsi, sparsi e disordinati come le carte della mia scrivania nel mio studio. Mi auguro che ci sia un filo, come tra quelle carte, che ci sia una passione che leghi i fogli sparsi.

Io adesso leggo qualcuno dei fogli sparsi , ma poi desidero, -è l'anelito che mi ha portato qui questa sera- ascoltare i vostri fogli sparsi. Perché gli occhi siano aperti, come di chi buca il nero della notte.

La mia non è una commemorazione né di Mons. Romero né di Padre Davide. Per commemorare occorre sistematizzare e non è nelle mie capacità.

Rincorro il filo: Davide, mons. Romero, gli ultimi.
E mi sembra di capire che loro mi hanno cambiato l'orizzonte, anche se poi io, io personalmente, faccio fatica a tradurre nella mia vita le conseguenze.
E poi -diciamocelo- non è che l'orizzonte sia cambiato nella società, nella chiesa.

In che senso cambiato l'orizzonte: nel senso che gli ultimi, i piccoli, i poveri per tradizione erano un oggetto, tutt'al più da soccorrere, persone a cui dare.
Padre Davide, Mons. Romero hanno intuito che erano soggetti, protagonisti, erano -stavo per usare la parola- maestri, ma Gesù lo ha proibito: uno solo è il maestro. Erano profeti, segnalavano i mali del mondo e le ricchezze, quelle vere, del mondo.

Era un messaggio dimenticato quello, messaggio della Bibbia che mette al centro il popolo oppresso, i piccoli, i poveri di Jahvè.
Noi li abbiamo fatti diventare " i poverini", quelli da compassionare.
Gesù li guardava; e diceva "Beati Voi…". Vedeva in loro, una luce una luce del Regno.

Forse anche a voi capiterà in questa settimana santa di entrare in una chiesa o anche non entrando, vi capiterà di rileggere il grande racconto della Passione.
E forse, anche nel vostro cuore, vi soffermerete, per pensare che erano partiti in tanti con Gesù in quel grande viaggio, nella salita verso Gerusalemme, là dove sarebbe avvenuto lo svelamento, lo svelamento del gesto estremo.
Partiti in tanti - apostoli, discepoli, folla - ma arrivati in pochi.
Vicino a Gesù nei giorni della sua Passione e della sua morte, vicino a dar conforto, vicino a provare emozioni per il segno di un amore così grande, non troverete gente che ha una qualifica, nemmeno quelli che avevano il titolo di apostoli, di discepoli. Troverete personaggi minori, anonimi o quasi anonimi, più donne che uomini.
Gli altri, così sicuri, se ne sono andati: c'è Maria di Betania che lo unge e lo profuma, c'è la moglie di Pilato che fa un ultimo tentativo contro il potere, contro quella sentenza di morte, ci sono le donne che piangono lungo la via della croce, c'è un uomo di Cirene, capitato per caso, che porta il legno, ci sono le donne vicino alla Croce e Giuseppe, Giuseppe d'Arimatea, a calare con loro il corpo di Gesù dalla croce.

Personaggi minori, i piccoli, sono quelli che capiscono, vedono oltre, ci aprono gli occhi. Su un altro mondo.
Questa mattina parlavo con don Giorgio che aveva partecipato ieri sera in parrocchia a una messa nella memoria di Mons. Romero: mi diceva del clima che si respirava, dei messaggi che venivano passati. E diceva: "E' un altro mondo". A confronto del nostro mondo, anche ecclesiastico, così ingessato, così attorcigliato su se stesso, si respira l'aria di un altro mondo, quello dei piccoli. Pensate solo alla carica, carica per noi, contenuta nelle parole che insieme abbiamo ascoltato questa sera, voci di personaggi minori, voci per lo più di donne, ne ascolti i sogni, ti fanno camminare.

La veglia di questa sera vive di queste voci che segnalano un altro mondo, quello delle Beatitudini.
Diceva Romero: " La mia voce scomparirà ma la mia parola resterà nei cuori."
Come è vero che c'è una globalizzazione dei piccoli! La sua voce è nel nostro cuore questa sera.

Scrive Jon Sobrino, un teologo brasiliano: "Le vittime della globalizzazione possono essere cristianamente, paradossalmente il suo principio di redenzione".
"I popoli crocifissi, queste vittime di oggi, potranno salvarci", loro che caricano sulle loro spalle i peccati di questo mondo.
Mons. Romero diceva alle contadine e ai contadini di Aguilares, popolo massacrato: "Voi siete il divino violato".

E allora le vittime possono muoverci alla conversione, perché alzano il velo, rompono il silenzio, mettono a nudo la vergogna dell'umanità.
Contributo dei piccoli è la verità.
E' quello che accaduto in Salvador.
Scrive Jon Sobrino:
"Anni addietro il Salvador non esisteva per il mondo. Si cominciò a conoscerlo nel 1977 quando un sacerdote, Rutilio Grande, venne assassinato. Il mondo occidentale, democratico e cristiano, rimase sorpreso e alcuni rimasero scossi. Ma ciò che è più importante è che questo assassinio portò alla conoscenza di una verità ignorata: anche contadini, operai, studenti, catechisti e delegati della parola, venivano perseguitati, torturati, assassinati in massa. E si giunse alla verità fondamentale: il Salvador è un popolo crocifisso. Il clamore della repressione e della croce ruppe il silenzio della povertà e dell'ingiustizia secolari. E gli occhi di molti si posarono sul Salvador.
Il servi sofferente quindi attrae anche oggi e si trasforma in luce delle nazioni (Is 42, 6; 49, 6). Dalle vittime di oggi -a causa della loro stessa realtà crocifissa- proviene una luce che denuncia e smaschera la menzogna della globalizzazione".

Contributo dei piccoli non è solo la verità, ma anche la solidarietà, non la globalizzazione dell'ingiustizia.
La globalizzazione della solidarietà; globalizzazione intesa come un "sostenersi a vicenda".
Non basta che tutti entrino nel globo e non si tratta semplicemente di dare cose materiali. Ciò che è in gioco è la dedizione della persona, e non solo dedizione temporanea ma duratura.
Scrive ancora Jon Sobrino:
"Abbiamo detto che gli occhi di molti si sono posati sul Salvador crocifisso e ciò ha dato la stura a un nuovo e potente dinamismo: conoscere il lasciarsi coinvolgere, aiutare, impegnarsi… e allora accadde la novità fondamentale in termini di globalizzazione: non si trattava solo di dare dal di fuori, ma pure di ricevere. Si trattava di "sostenersi vicendevolmente" tra i diseguali. Era nata la solidarietà.

I piccoli redimono, sostituendo il termine globo con il termine "famiglia".
Che il mondo diventi una casa per tutti, dove c'è vicinanza invece che distanza, stima invece che disprezzo, gioia invece della paura.
Concepire il mondo, la famiglia in termini di casa, casa e non appartamento. Padre Turoldo, quasi sempre, quando celebrava un matrimonio, diceva: "Non fate l'appartamento, il luogo dove ci si apparta, fate una casa, casa come accoglienza".

I piccoli ricreano l'aria della casa, che noi abbiamo perso in un mondo dove il principio gerarchico ha soffocato l'amicizia.
Sotto una delle foto esposte nella mia chiesa, foto che ritrae Mons. Romero che ha in braccio un bambino, ho trovato scritto queste sue parole:
"Quanto è importante per me che un bambino abbia la fiducia di abbracciarmi".
Voi mi capite: saltano tutte le gerarchie, ciò che conta nella chiesa e nella società è la fiducia di abbracciare.

I piccoli. Questa sera abbiamo celebrato con gratitudine i piccoli e riceviamo da loro, come consegna, la speranza. Per i giorni in cui non vediamo. Il frutto dei piccoli lo si vede dopo. Prima ci sono giorni di invisibilità, quando il chicco di grano è nella terra. Così è stato per Romero: chi gli è stato vicino confessa che al momento non ci si accorgeva della sua grandezza. Ora il suo nome è germogliato su tutta la terra. E noi questa sera, qui, diamo evidenza a questa germinazione universale.
E' vero, il nostro, come spesso si sente dire, come spesso diceva padre David, è un tempo orfano di profeti. A volte ce lo confidiamo sconsolatamente. Ma Romero alla sua gente diceva: "Ciascuno di voi è un profeta".
Tocca a ciascuno di noi diffondere testardamente, là dove siamo, le voci profetiche dei piccoli, le voci che abbiamo ascoltato questa sera, voci che facevano sussultare i cuori e sognare. Voci che sono censurate da chi oggi si è impadronito di tutte le reti.
Ebbene noi creiamo un'altra rete invisibile, una rete che racconta un altro mondo, quello che si vuol nascondere, un mondo alternativo a tanto piattume che dilaga nelle grandi reti.
Non ci spaventi la nostra piccolezza: è la nostra forza. E' la forza dei pedoni, direbbe Erri De Luca. "E' tempo di pedoni, pedine di nessuno. Se l'appoggio di un corpo sta nei piedi, loro, i pedoni, sono l'equilibrio del mondo".

Piccoli sì, ma con le braccia allargate. "Le vostre braccia sono appena l'inizio del cerchio. Non abbassatele per la tristezza": scrive Margherita Guidacci.

Pedoni, come tali, in cammino. Sempre in cammino, compagni di viaggio, come si voleva e come ci voleva padre David: " Più che il padre, io mi sono sempre sentito il compagno, il compagno di viaggio, itinerante, il pellegrino che poi, dal punto di vista del profondo, è il cercatore, l'indagatore. Non c'è mai un punto fermo. Men che meno Dio è un punto fermo. e' spostabile sino all'infinito. Perché, se vuoi, un'altra caratteristica della mia vita è che non mi sono mai impalcato a maestro. Se penso alle prediche che ho fatto in Duomo, nelle chiese, nelle piazze, io non ho mai predicato come uno che sa, cioè come uno che possiede la verità".

Fin qui i miei fogli sparsi e il filo che lega i fogli sparsi. Ora tocca a me ascoltare i vostri.

don Angelo Casati

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