interventi


Angelo Casati, il 2 dicembre 2014, Santa Maria della Passione, in Milano

 

Figure dell'attesa: Maria


Lc 1,29-38


In queste sere vorrei sfiorare con voi alcune figure dell'attesa. Figure che stazionano in qualche modo nei dintorni della nascita di Gesù, nomi che si accendono: Elisabetta, Maria, il Battista, i pastori, Simeone e Anna.

A introdurci al mistero di un Dio che si veste di umanità, si veste di umanità in tutti i sensi, è questa sera Maria, una donna, una ragazza di Nazaret. Sono un bastian contrario, ma vorrei raccomandarvi un esercizio, non sempre a me riesce, ma quando mi riesce , nascono suggestioni, l'esercizio è quello di lasciare a Maria, quando la pensi o ne parli, tutta la sua umanità. Come è possibile che, mentre la notizia buona è che il Verbo si carica di umanità, noi Maria, o anche i santi, poco o tanto, li svestiamo di umanità, li disumanizziamo? Diamo loro vesti che non hanno mai portato?

Qualche anno fa, in una estate, percorrevo cappelle dedicate a Maria, che salgono attraverso il bosco, da Barzio, un paese della Valsassina, verso Concenedo e mi venne di pensare e poi di scrivere:

Non ti riconosco
Sosto a cappelle
e non ti riconosco.
Ti hanno giunte le mani gesto
che non ti appartiene.
Forse solo le sollevavi
imploranti al tuo Dio.
O forse solo stavi
curva rannicchiata nel tuo nulla.
Così più non ci è dato riconoscerti
nel nero grembiule
che ti appartiene
per sempre.

Cambia tutto se non stacchiamo Maria dalla sua vita reale, se stiamo, senza enfatizzare alla nude parole delle Scritture sacre. Sfuggendo alla tentazione di fare di Maria un'immagine pallida, edulcorata, quella di molte immaginette che noi conosciamo. Esagero? Ho ritrovato questo invito nella parole di una santa, santa Teresa di Gesù Bambino, che scriveva: "Non bisognerebbe dire di Maria cose inverosimili o di cui non si ha certezza. Un discorso sulla santa Vergine, per essere fruttuoso, deve mostrare la sua vita reale, quale il vangelo fa intravedere, e non la vita supposta. Bisognerebbe descrivere la Vergine non come inaccessibile, ma come imitabile; bisognerebbe dire di lei che ha praticato le virtù nascoste, che viveva di fede come noi. Va bene parlare delle sue prerogative, ma se, ascoltando una predicazione su di lei, si è costretti dall'inizio alla fine a esclamare: ah, ah, ci si stanca e questo non porta né amore né imitazione".

Faceva eco alle parole di Teresa fratel Carlo Carretto quando, parlando di Maria, diceva: "Non una statua immobile di cera, ma una sorella, seduta sulla sabbia del mondo, con i suoi sandali logori, come i nostri". E allora mi chiedo: perché hanno espropriato Maria dei suoi vestiti quotidiani, quelli normali? O quel che si racconta nei vangeli non ha abbastanza colore di eccezionalità? Ma non sta proprio qui la notizia buona? Per noi che non abbiamo una vita colorata? Come ha inizio il racconto?

"Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria."

Sembra quasi che Luca metta a confronto due annunciazioni: quella a Zaccaria, e quella a Maria, un'annunciazione, quest'ultima, in basso. Non siamo, come nell'annuncio a Zaccaria, nella grande città, Gerusalemme, ma in villaggio senza fama, Nazaret. Non siamo nel tempio nell'ora dell'incenso, siamo in una casa qualunque e non in uno spazio sacro. E, cosa ancora più stupefacente, l'annuncio non è rivolto a un uomo, per di più della casta sacerdotale, ma a una donna, che di suo ha semplicemente un nome, un nome comune.

Vedete dove riprende Dio, da dove riprende a ricreare, da dove a riprende a ricostruire il progetto? Dalla normalità. Riprende dalla tua umile casa, da una terra come la nostra, che può a volte sembrarci straniera, cioè estranea ai pensieri di Dio. Tutto succede in una casa, una casa comune, in città disprezzata, in terra con il marchio del meticciato, succede che chiamata a collaborare sia una ragazza senza ascendenze di nobiltà, succede che un angelo le cambi il nome: "Rallegrati", dice. E in prima battuta non la chiama "Maria". "Rallegrati, o ricolmata dalla benevolenza". Favorita dalla grazia. Quasi dicesse: "Aggiungi questo al tuo nome. È il tuo nome più vero".

A volte penso: e se aggiungessimo questo al nostro nome? All'inizio c'è una grazia. Anche per Maria, non un privilegio, una grazia. Al tuo inizio una grazia, sei stato pensato, concepito, amato gratuitamente. Ebbene, la venuta di un angelo, ed è strano, anche quando è accompagnata da parole promettenti, ti lascia dentro un grumo di timore. Ci rimane dentro un sospetto su Dio, l'hanno ingigantito le religioni.

"Non temere, Maria" dice l'angelo. "Non temere. Sei in vigilia di nascita". Se ce lo dicessero oggi, in stagione desolata, anche noi grideremmo all'impossibilità, ci guarderemmo dentro, dentro di noi, o guarderemmo, fuori, a quello che ci circonda e grideremmo che non ci sono le premesse, tanto i grembi - così si dice e ci si lamenta - sono sfioriti, come avvizziti. "Ma come è possibile? Non conosco uomo". "Non ho ancora avuto rapporti" sembra dire Maria "come posso concedermi a questo sogno, a questa tua promessa?".

Ebbene, per inciso vorrei dirvi che è bello, almeno per me è bello, che Maria interroghi l'angelo, che cerchi di portare i suoi argomenti, non è una donna senza pensieri, non è una donna dall'obbedienza cieca. Chiede come può avvenire. Che buona notizia che sia una donna a chiedere conto. Allora per lo più le donne non potevano chiedere conto. Decidevano gli uomini. Che al mattino ringraziavano Dio di non averli creati donna. Che una donna chieda conto e chieda conto a quell'età, è sorprendente. Ci sembra di capire che Maria, da persona trasparente qual era, sentisse di dovere delle spiegazioni di quanto stava accadendo, a Giuseppe.

Con lui, sottoscrivendo il contratto matrimoniale, già era avvenuta la prima tappa del matrimonio, cui sarebbe seguita la seconda, nel momento in cui sarebbero andati a convivere insieme. A volte si raffigura Maria, mi sembra arbitrariamente, come una donna sottomessa, ma a tal punto sottomessa da renderla alla fin fine pallidamente passiva, senza reazioni o sussulti. La ragazza di Nazaret chiede conto. Il suo sì, il suo sì a una gravidanza fuori delle regole, a una gravidanza che le avrebbe provocato non poche occhiate di sospetto se non di disistima, lo dà, ma dopo che, alla sua richiesta, l'angelo le avrà ricordato le possibilità inimmaginabili di Dio, un Dio dentro le nascite, dentro le nascite insperate.

L'angelo, in risposta, le parla di qualcosa, diremmo, di impalpabile. "Lo Spirito scenderà su di te". Lo Spirito! "Ma chi lo vede lo Spirito?" direbbero gli uomini del realismo. "Ma cosa fai? Adesso ti metti a sognare?", direbbero. "Ma sta con i piedi per terra. Dove vedi le premesse per un accadimento come questo?" Maria crede all'angelo, crede ciò che sembra follia credere, crede all'angelo che le sta dicendo che la potenza sta in qualcosa di impalpabile, di invisibile, di spirituale, sta nello Spirito. Dà fiducia a questa congiunzione tra spirito e potenza, la vera potenza. Ecco le parole: "Lo Spirito scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra".

Crede che anche ciò che umanamente dichiariamo impossibile, può diventare possibile, se tu consenti a una forza che viene dall'alto. Perché "nulla è impossibile a Dio". Penso sia una grazia indugiare, in vigilia di Natale, su questo brano dell'annunciazione che mi sembra raccontare quali sono le premesse per un natale vero, quali le condizioni per nascite nuove. Vorrei dire a me stesso, ma se posso, a tutti voi: anche tu fa' nascere. Dio fa nascere. Non fermiamo le nascite. Il Figlio di Dio oggi non chiede più il tenero grembo di una ragazza di Nazaret. Chiede a noi di essere grembo. Di nascite. Avremo l'avventura di esserlo se daremo ospitalità in noi al Verbo di Dio, se daremo spazio in noi alla linfa buona della sua vita, del suo vangelo. Succederà.

Come succede per un albero inselvatichito, quando consente a un innesto. E in quell'innesto un presentimento di vita nuova, luminosa, finalmente umana, quella che tutti insieme ci auguriamo. Ancora, il racconto dell'annunciazione sembra insegnarmi che si comincia da poco. Nazaret è poca cosa, la casa della ragazza è poca cosa. E chi mai ha sentito il sussurro delle parole dell'angelo o le poche parole di quella ragazza piena di sogni all'angelo? Chi ha udito il sussurro di parole che avrebbero messo in cammino il mondo? Chi le ha udite? Nessuno, eppure mettevano in cammino il mondo: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". Noi, mi dico, tutti uomini e donne, giovani e anziani, io tra gli anziani, con una possibilità di nascite, dice il vangelo. Chissà se ci crediamo. O se esitiamo come Nicodemo che a Gesù che pone l'urgenza di nascere dall'alto, pone la domanda: "Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda vola nel grembo di sua madre e rinascere?

La tentazione, quando sei vecchio, è di tirare i remi in barca. Chissà se davanti alla promessa che nulla è impossibile a Dio, io so ancora osare le parole della ragazza di Nazaret: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo le tue parole". Avvenga quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode. Avvenga perché tu, Signore, vieni nella nostra città, vieni nelle nostre case. Avverrà se ti farò posto in me, nei miei pensieri, nei miei sogni, nella mia vita. Avverrà se inizierò da me, come Maria. Senza aspettare che inizino altri.

Alla memoria mi è ritornato un testo di don Primo Mazzolari. Di cui vorrei ricordare uno stralcio: "Ci impegniamo
noi e non gli altri
unicamente noi e non gli altri
né chi sta in alto né chi sta in basso
né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo
senza pretendere che altri s'impegni con noi o per suo conto,
come noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna
senza accusare chi non s'impegna
senza condannare chi non s'impegna
senza cercare perché non s'impegna
senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano.
Sappiamo di non poter nulla su alcuno né vogliamo forzar la mano ad alcuno, devoti come siamo e come intendiamo rimanere al libero movimento di ogni spirito più che al successo di noi stessi o dei nostri convincimenti.
Noi non possiamo nulla sul nostro mondo, su questa realtà che è il nostro mondo di fuori, poveri come siamo e come intendiamo rimanere e senza nome.
Se qualche cosa sentiamo di potere - e lo vogliamo fermamente - è su di noi, soltanto su di noi. Il mondo si muove se noi ci moviamo
si muta se noi ci mutiamo
si fa nuovo se alcuno si fa nuova creatura
imbarbarisce se scateniamo la belva che è in ognuno di noi.
L'ordine nuovo incomincia se alcuno si sforza di divenire un uomo nuovo.
La primavera incomincia col primo fiore
la notte con la prima stella
il fiume con la prima goccia d'acqua
l'amore col primo sogno.
Ci impegniamo perché noi crediamo all'Amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perdutamente".

Maria interroga, scoprirà, anche lei a poco a poco, che cosa significhi mettersi a disposizione di Dio. Lei c'è, in questo sì. Lei c'è in questa parola, piccola parola genera vita: "eccomi".
Pensate, se qualcuno dice "eccomi", "ci sono", "ci sono per te", nasce la vita, nasce una speranza. Perché è il contrario del "tirarsi indietro", del non prendersi una responsabilità, è il coraggio di rispondere: "ci sono, eccomi".

"Eccomi" se ben ci pensate è la parola dell'amore, al di la delle astrazioni. Parola concreta.
E' vero che Dio riprende, e questo è grazia. Ma è anche vero che anche a noi è chiesto di riprendere, di riprendere ogni giorno, di farla finita con i nostri lamenti, i nostri lamenti sulla bruttezza e sul degrado. E di riprendere il filo della bellezza, della bellezza e dell'armonia. Ogni giorno. Là dove siamo. Pensate, domani mattina ci sveglieremo, svegliarsi e dire: "ecco il tuo servo, ecco, Signore, la tua serva, avvenga per me secondo la tua parola"
.


don Angelo Casati

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