articoli di d. Angelo


 

SEGUACI DELLA DOTTRINA O SEGUACI DELLA STRADA?

Mi vado chiedendo perché tra le immagini bibliche che più chiedono spazio, di questi tempi, nella mia mente, immagine per me di rara suggestione, sempre più ricorrente sia quella della strada.
Quasi una conferma la scorsa settimana. Me ne venivo per via Pinturicchio -oggi è raro che percorra una via senza fare un incontro- e vengo fermato da un parrocchiano, al guinzaglio un simpaticissimo cane. Lui, stimatissimo compositore di musica sinfonica, si diceva incuriosito dal nome dato ad uno dei nostri gruppi, "odòs", dal greco "la strada", nome che per strana coincidenza lui stesso poco tempo prima aveva dato a una sua composizione sinfonica: "odòs", la strada. Chiacchierammo di strada su un marciapiede invaso di sole. Ricordammo insieme che così venivano chiamati i cristiani secondo il libro degli Atti: i seguaci della strada, "uomini e donne seguaci della strada di Cristo" (At 9,2). Le nostre versioni sbrigativamente, troppo disinvoltamente, traducono: "seguaci della dottrina di Cristo". Con un impoverimento, mi si perdoni, fatale del testo. Ognuno può misurare la distanza, distanza d'emozione e di passione, tra il seguire una dottrina e il seguire tracce su una strada.
Il vangelo è racconto di un Dio, per lo più lungo le strade. All'aria aperta. Qualche volta, devo ammetterlo, frequentò pure case, per lo più case di uomini non particolarmente religiosi secondo i canoni comuni.
Quando gli capitava di essere ospitato nelle case, quasi non gli bastasse l'aria che respirava, lui tentava di aprire finestre, finestre dell'anima. Capitò anche che gli scoperchiassero una casa. Entrò quel giorno aria leggera, di sotto al tetto. Entrò la vita, che non è quella esangue, pallida, dei documenti.
Il suo regno, quello che con la sua venuta si era fatto vicino, a vicinanza di fiato e di corpo, prendeva spazio meno, molto meno, negli ambienti che noi definiamo sacri, molto più per le strade. Quasi volesse attestare una differenza. Che non era semplicemente di gusti. Tu ne hai uno, io ne ho un altro. Era differenza che toccava la sostanza, l'immagine di quello che lui chiamava il regno di Dio. La strada è di tutti o, almeno ai suoi tempi, lo era. E quello era un modo limpidissimo per dire che il suo regno era fuori dai sequestri, fuori dai sequestri delle appartenenze religiose.
Ancora oggi, un fatto di strade e non di sequestri. Tant'è che quando mi capita, come ieri sera, e mi capita sempre più spesso, di incrociare un volto che porta il segno e la fatica e la polvere della strada, mi incanto a guardare. Quel viso, quello che ieri sera fissavo, era riassunto per dolore di una fatica di vivere, storie di percorsi fuori da ogni immaginazione. E c'era anche segno di pianto. Guardavo e sentivo che lì, in quel volto di donna, in quella storia che si andava teneramente addolcendo, pulsava il regno di Dio. Che è un fatto di strade.
Lui per le strade trovava la gente comune, non quella selezionata, gente viva, non incartapecorita dall'ufficialità, gente che gli raccontava la vita. Gliela raccontava con gli occhi, con il grido, con il pianto. Gliela raccontava toccandogli il mantello.
Nulla di preordinato sulla sua strada. Il preordinato è il contrario della vita. Una strada con le transenne non odora la vita. Anche lui raccontava, non predicava. Parlava raccontando e raccontandosi. Le sue parole per la gente che ascoltava erano colorate. Del colore della vita. Dentro c'era il bisbiglio della vita, come il bisbiglio degli uccelli, nel grande albero, nei giorni di un implacabile sole. Non erano, le sue, parole di palazzo. Quelli dei palazzi non stanno sulle strade, non ne conoscono l'odore, per questo le loro parole sono senza odore. Le sue erano parole di vita.
La strada per lui, bisognerà pur riconoscerlo se ancora leggiamo i vangeli, era diventata lo spazio, il passaggio della misericordia. Strada della compassione di Dio. Della sua misericordia. Se ne andava e sulla polvere era rimasta la misericordia. E così lungo la strada aveva dato un nome a Dio, nome dimenticato. Per smemoratezza grave. "Perdono" scrive Giancarlo Bruni "è il nome di Dio, il nome di Gesù". Nome dimenticato.
Se qualche volta alzò la voce, lungo la strada, fu per far tacere quelli che avevano dimenticato che cosa fosse la misericordia. A loro diceva, riprendendo con forza la parola consegnata ai Padri. "Andate e imparate che cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrificio". Andate a imparare!
I suoi occhi erano lago, lago della compassione di Dio, sapeva che cosa è fatica e quanto costi fatica camminare, se la vita è fatta di debolezza e ferite. Non se ne andava incurante, come se a seguirlo fossero i geni dello spirito. Dai testi sacri della sua tradizione gli era rimasto in cuore che la strada di Dio non è un'autostrada né un autodromo, non è strada di corse e di primati. Aveva occhi e cuore per la donna incinta e la partoriente. Non l'aveva mai portato lui nel seno un cucciolo d'uomo, perché era un uomo, ma gli sembrava di capire come, per il troppo peso del figlio nel grembo, il passo della donna si facesse più lento e stupito.
Gli occhi, i suoi occhi erano, come dice il profeta, per la partoriente e l'incinta. Faceva il passo su di loro.
La strada di Gesù. Ebbene tu hai intuito, hai troppa sensibilità perché non sia così, perché il Gesù delle strade mi sia rimasto nel cuore. Tu intuisci, è una questione di incanto, ma, insieme, una questione di rimpianto. Siamo seguaci di una dottrina o siamo seguaci di una strada? Ti sembra che la chiesa, oggi, sia come Gesù, la chiesa delle strade, la chiesa della compassione, la chiesa che tiene il passo della misericordia? La chiesa che fa il suo passo sulla donna incinta e la partoriente?
"Abbiamo bisogno" confessava in questi giorni un Cardinale "di una chiesa della misericordia, immagine della misericordia. E ancora non ci siamo".
Mi è capitato ultimamente, per un incontro del gruppo "odòs", di leggere alcuni testi di Madeleine Delbrêl e ti dirò che anche in quei testi mi seduceva l'immagine della strada. Madeleine, che aveva chiamato le sue compagne alla spiritualità della strada, uscì un giorno con questa domanda, domanda e invocazione: "Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io così spesso sono altrove?". Se tu sei sulle strade, se sei la strada della compassione, perché io sono altrove? E poi mi dico "seguace della strada", seguace di Gesù!
In una sua preghiera così si esprimeva:

Tu ci hai condotto stanotte in questo bar
che ha nome "chiaro di luna".
Volevi esserci Tu in noi.
Per qualche ora stanotte, Tu hai voluto incontrare
attraverso le nostre povere sembianze,
attraverso il nostro miope sguardo,
attraverso i nostri cuori che non sanno amare
tutte queste persone venute ad ammazzare il tempo.
Allora il bar non è più un luogo profano,
quell'angolo di mondo che sembra voltarti le spalle.
Sappiamo che per mezzo di te, noi siamo diventati
la cerniera di carne
la cerniera di grazia
che lo costringe a ruotare su di sé
a orientarsi suo malgrado
e in piena notte
verso il Padre di ogni vita.
Lui Gesù, lui la strada, ha incrociato mille e poi mille strade. Siamo noi ad avere purtroppo la presunzione di pretendere e imporre un'unica strada, la nostra, quando lui ha incontrato uomini e donne sulle strade più diverse e ha dato inizio a cammini l'uno diverso dall'altro. La strada e le strade, la bellezza, il brivido degli infiniti insospettatati cammini.
E dunque diventiamo tutti seguaci della strada, ricordando che se non avremo il volto della compassione, anche se saremo uomini e donne di sicura dottrina, non saremo sulla strada, la sua. Lui vuole seguaci di strada.
E Lui, alla fine ci incontrerà\. A un angolo di strada. Mi capita di andarmene e di immaginare che lui sia al di là del tornante. Arrivo e non è ancora congiungimento. Sarà un giorno. E sia incontro sulla strada. Come scrive, colma di emozione, Donata Doni:

Sarà come incontrarti
per le strade di Galilea
e sentire il battito di luce
delle Tue pupille divine
riscaldare il mio volto.
Sarà la tua mano
a prendere la mia
con un gesto d'amore
ignoto alla mia carne.
Sarà come quando parlavi
a chi era respinto
per i suoi peccati,
sarà come quando perdonavi.
Dimmi che non sarà la morte,
ma soltanto un ritrovo
di amici separati
da catene d'esilio.
Dimmi che non saranno
paludi d'ombra
a sommergermi
né acque profonde
a travolgermi.
Solo il Tuo volto,
solo il Tuo incontro, Signore.

don Angelo


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