articoli di d. Angelo


 

DIVAGAZIONI DI UNA DOMENICA DI AGOSTO

E' domenica d'agosto. Il catino della chiesa è semideserto, in questa città, fasciata di silenzi.
Saranno - lo confesso - farneticazioni d'estate, ma, a volte, hai la sensazione che in questi giorni la gente si muova in punta di piedi, quasi a non dissacrare il silenzio che avvolge ogni cosa: passeggiamo come su fili di seta.
E proprio perché il vedere non è, come spesso si pensa, solo una questione di occhi, bensì anche una questione di cuore, nel silenzio di una città ti succede di vedere cose mai notate nei giorni del rumore.
E dunque il silenzio come ingresso a un vedere più profondo: i rumori - non ce ne avvediamo - costruiscono purtroppo barriere invalicabili, muri invisibili di divisione.

MI MANCANO I TUOI OCCHI

Qui nella chiesa semideserta, ora che inizio a commentare le letture, mi mancano - lo confesso - i tuoi occhi. Forse per come in essi vedo riverberarsi la luce della Parola.
La mente mi corre alle vetrate della cattedrale, quando la luce viene ad incendiarle, prima di morire nella sera.
Mi viene oggi naturale pensarti in una chiesa forse della Spagna o della Grecia, o forse del Circeo o delle Egadi. E provo entusiasmo al pensiero che, se ti sarà stato possibile entrare in una della tante chiese, così lontane e così diverse dalla nostra, avrai ascoltato, assorta in silenzio, queste identiche parole della Bibbia: quasi a radunarci fosse in tutto il mondo l'unica, identica Parola.
Quella Parola che non finisce mai di sorprendere. Succede come per le cose: c'è chi passa e niente gli dice niente; c'è chi passa e non finisce d'incantarsi.

SOTTO LA FINESTRA

Alcuni mesi fa passando, un pomeriggio di sole, per via Guerrini, fui sul punto di abbandonarmi a un lamento, per via delle "erbacce" che fuoriuscivano, per un brevissimo tratto, là dove l'asfalto del marciapiedi si congiunge all'intonaco della casa: un tempo - mi dicevo - passavano gli stradini per la città!
Fu poco più di un attimo e subito mi sorpresi a pensare al germogliare inatteso di fili d'erba per una crepa quasi invisibile, nel regno dell'aridità. Forse era un segno?
Passai da quella strada, di lì a pochi giorni e notai con stupore che gli steli verdi non erano più soli: le "erbacce" avevano germogliato fiori di intensi e diversi colori. Spuntati, come per miracolo, da una crepa dell'asfalto.
Certo - mi dissi - sotto la finestra di Costanza: una piccola nata un anno fa.
Non lo dirò a nessuno - mi dissi - per non apparire il solito esaltato. Ma forse un angelo è passato nella notte, sotto la finestra, a mettere semi di fiori. In questa città, dove sempre più raro è incontrare lungo le strade o all'angolo delle case, edicole della Madonna o dei Santi né più c'è bisogno di mani tenere che corrano ad ornarle di fiori, io - poco importa se passerò per un esaltato- continuerò a immaginare che moderne edicole - "piccole case" dell'invisibile - siano oggi nelle città le case, ove si ha il coraggio di dare la vita a un bambino, sfidando le paure del futuro.
E continuerò imperterrito a credere che a decorarle di fiori sia un angelo del Signore, nella notte..

INESPRESSO, MA INTENSO

Nella chiesa semideserta mi mancano i tuoi occhi. Ma chissà, a giorni farai ritorno e, come spesso ti succede, verrai a cercarmi, e con il volto di chi teme di perdere passaggi di un dialogo, mi dirai: "Domenica non c'ero alla tua Messa. Mi passeresti il tuo commento al Vangelo?"
E come i tuoi occhi, quanti altri occhi! La chiesa può sembrarti deserta o quasi, come oggi, eppure non mancano mai occhi limpidi e appassionati che scrutano la parola.
Anche oggi, in questa calda sera d'agosto, ho incrociato occhi che assomigliano ai tuoi, occhi di amici che da poco abitano qui, con noi.
La Messa è finita. Indugiano i due amici nel silenzio della chiesa. Vado a cercarli e siedo sulla panca, accanto a loro, quasi a godere di questo legame, oserei dire inespresso, ma non per questo meno vero e intenso.
Poche, per la verità, le occasioni di un dialogo espresso, eppure viva la sensazione di esserci qui parlati ogni domenica e, insieme, la dolce sensazione che a legarci così intensamente null'altro sia stato se non la Parola del nostro Dio e le nostre povere parole, germogliate nella piccola fessura dell'asfalto di una città.

I VANGELI DELL'ESTATE

A dilatare ancor più il desiderio di amici con cui interrogare le Scritture sono anche questi vangeli dell'estate, che non concedono nulla - proprio nulla! - al clima di evasione e di riposo dei mesi estivi.
La Parola di Dio non è mai sotto il segno dell'evasione: è sempre carica di una paradossalità che provoca e sorprende. Così lontana dall'ovvietà che addormenta e spegne la coscienza e la vita.
Una parola che più non ci sorprende non sarà forse una Parola rapinata di ogni brivido di profezia?
Forse è giunto il tempo di chiedere con più forza a noi stessi di attrezzarci a un approccio più rigoroso, meno superficiale, alla Parola di Dio.
Succede come per una creatura: più la ami, più ti prende la paura di velarla, di ridurla, di sciuparla. Così è della Parola di Dio.
Ritornare a leggerla nella sua oggettività e limpidezza può significare anche sfuggire al pericolo, non così astratto, di un cristianesimo forse "devoto", ma non evangelico.
Mi veniva spontaneo pensarlo, ripercorrendo uno dei vangeli domenicali d'agosto, con quel monito inequivocabile del Signore Gesù: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?" (Lc. 12,56-57).

E DUNQUE SCRUTARE

Non risuona forse nelle parole di Gesù un invito a valorizzare - non a nascondere - a dilatare - non a ridurre - la nostra capacità di scrutare, la nostra riflessione critica?
Un invito dunque ad approfondire, a vagliare, a discernere, in un'epoca come le nostra segnata contradditoriamente da un lato da un anelito insopprimibile all'indipendenza critica e dall'altro da una ricaduta sconcertante in atteggiamenti quotidiani di acquiescente superficialità.
D'altro canto una certa immagine scorretta di "obbedienza cieca e assoluta" non ha forse generato una serie non esigua di cristiani, forse anche devoti, ma della devozione dei gregari?
"Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?": parola, questa del Vangelo, poco conosciuta, poco commentata, anzi sottaciuta, quasi fosse pericolosa, quasi se ne dovesse aver paura, quasi fosse, a buon conto, preferibile che uno pensasse per tutti.

INVESTIGANDO IL BENE E IL MALE

E' tempo di andare al di là dei luoghi comuni, dele facili classificazioni, delle abusate interpretazioni che fanno tutto meno che interpretare questo nostro tempo e che spesso finiscono per dire tutto meno ciò che è giusto.
"Giudicate da voi stessi ciò che è giusto": che non è certo un invito all'arroganza dei nostri pensieri, a un giudicare senza punti di riferimento. Punto di divisione tra il bene e il male è e rimarrà sempre il Vangelo, e questo - null'altro , solo questo - la chiesa dovrà perennemente ricordarci.
Altro è l'invito presente nelle parole di Gesù: è l'invito a superare infantilismi anche religiosi, analisi affrettate - sono così ovvie da non dire mai niente -, atteggiamenti predicatorii, per i quali noi siamo sempre nel giusto e sopra le parti e nemmeno ci sfiora il sospetto che condanniamo oggi il mondo che abbiamo sostenuto acriticamente - sembra inverosimile - fino ad ieri.
Parlando di una conversione "intellettuale" cui siamo urgentemente chiamati - i cristiani spesso si fermano alla conversione "morale" - il nostro Arcivescovo lo scorso anno osservava: "E' certamente più comodo, più facile accontentarsi di ciò che si dice, di ciò che si legge, di come la pensano i più, dell'influenza dell'ambiente anche buono.
Tuttavia il cristiano maturo ha assoluto bisogno di acquisire convinzioni personali, interiori per essere un evangelizzatore serio in un mondo pluralistico e segnato da bufere di opinioni contrastanti.
In altre parole, la conversione intellettuale è propria di chi ha imparato a ragionare con la sua testa, a cogliere la ragionevolezza della fede grazie a un cammino, forse faticoso, che lo rende capace di illuminare gli altri".
Una conversione intellettuale che ci consente dunque "di viaggiare tra genti straniere investigando il bene e il male, senza lasciarci contaminare, indagando la sapienza di tutti gli uomini e dedicandoci allo studio delle profezie (cf. Sir. 39)".

don Angelo


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