articoli di d. Angelo


 

CASE DELLA MEMORIA, CASE DEL RACCONTO

Forse scandalizzo qualcuno.
Non so se la soglia del Terzo Millennio sia una soglia così importante, decisiva. Anche perché forse l'abbiamo già oltrepassata, se è vero che, per l'errore di un monaco, la nascita di Cristo fu postdatata di sei o sette anni.
Non so nemmeno -proprio non lo so- se sarò tra coloro che converranno pellegrini a Roma per l'Anno Santo.
Chi può decidere del suo domani? Fino a pochi anni fa mi succedeva di guardare come a uno dei traguardi cui non sarei mai giunto la soglia dell'anno 2000.
E' vero, tutto può essere importante -anche un Giubileo- o nulla importante -anche un Giubileo-. Di certo la soglia decisiva è un'altra, quella interiore. Più importante -bisognerà dirlo con forza- anche della soglia prestigiosa di S. Pietro e di qualunque altra basilica romana.
Senza questa soglia interiore ogni attraversamento di soglie è puramente formale.
Forse demitizzo troppo, ma se attraverso la soglia interiore oggi, già oggi, qui, è Giubileo e Anno Santo.

UN'ICONA: GESÙ

Bene ha fatto il Papa a proporre a tutta la Chiesa un cammino di tre anni: il primo tratto del cammino porta a contemplare un'icona, quella del Redentore, Gesù di Nazaret.
E siamo al centro. Perché custodire e trasmettere la memoria di Gesù è ciò per cui vive la Chiesa. Che senso ha una Chiesa che dice tutto e non dice Gesù?
Fare memoria di Lui e raccontare di Lui, soprattutto in tempi in cui impallidiscono le memorie e qualcuno va ipotizzando giorni non lontani in cui ci ritroveremmo, per assurdo, cristiani senza Gesù Cristo, con una religione slavata, fatta di vaghezze, senza contorni e senza volti.
"Non basta più oggi" -abbiamo scritto nel nostro progetto pastorale- "una pallida Memoria del Cristo e del suo mistero che ci fa salvi. Per i tempi che siamo chiamati a vivere non basta una educazione religiosa qualunque. Ci deve soccorrere una fede di convinzione, interiore. Occorre essere radicati nel segreto".
In una intervista rilasciata ad una rivista di spiritualità, edita a Cracovia, il Card. C. M. Martini diceva: "Questo è il discorso che faccio ai miei fedeli, dicendo: "Avete ancora cinque anni di tempo: dopo il duemila sarà troppo tardi. Le buone abitudini religiose cadranno. E chi non avrà nel cuore il Tempio non andrà neanche alla Messa"".
"Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con retta coscienza" (1Pt. 3,15).
Adorare nel cuore: non bastano più gli slogan, né per noi, né per gli altri. Non bastano le chiacchiere, nemmeno quelle religiose. Servono volti accesi dalla Memoria. Non basta il gergo di gruppo, serve una parola che non è recitata.
La parola nelle chiese corre sempre il rischio di essere recitata, il rischio dell'enfasi. Non così la parola negli spazi comuni e nel linguaggio comune.

RITORNIAMO ALLE CASE

Ritorniamo alle case. Ritorniamo a fare delle case -delle nostre case- case della Memoria e case del Racconto. Con semplicità.
Mi ha sempre incuriosito e affascinato la casa di cui si parla negli Atti degli Apostoli, la casa al piano superiore, dove fecero ritorno gli Apostoli, dopo aver visto il loro Maestro salire al cielo di mezzo agli ulivi.
Ritornarono alla casa e c'erano con loro alcune donne e Maria, la Madre di Gesù. In quella casa venne custodita la Memoria, la Memoria di Gesù, il Crocifisso risorto. E, dopo la Pentecoste, la Memoria divenne Racconto.
In un tempo in cui si scoloriscono le memorie, diventa sempre più importante che luogo della Memoria e del Racconto diventino le case, le nostre case.
Abbiamo in passato accolto troppo passivamente l'ipotesi che fossero i preti, esclusivamente o quasi i preti, a dire Gesù.

UN FATTO DI CUORE

La memoria è un fatto di occhi e di cuore. Anche la memoria di Gesù. C'è un abisso tra "fare memoria" e "mandare a memoria" della formule.
Tu ricordi -cioè "riporti al cuore"- quello che è stato nei tuoi occhi, quello che i tuoi occhi hanno contemplato.
Non sarà -me lo chiedo- che la nostra tradizione occidentale, privilegiando, quasi assolutizzando, la conoscenza razionale, i concetti, si sia, anche per questo, indebolita nella memoria?
"Riscoprire gli occhi, il conoscere con gli occhi...": mi diceva giorni fa Ornella. E i suoi erano ancora abitati dalla luminosità delle icone russe.
Riapriamo gli occhi su Gesù, riaprendo il Vangelo nelle case, così che la figura di Gesù diventi, a poco a poco, Memoria, diventi compagnia del cuore.

IL GESÙ DEI VANGELI

Il Gesù dei Vangeli -forse scandalizzo qualcuno- prima ancora del Gesù dei catechismi.
"Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento" -scriveva Simone Weil- "mi sembra di non avere nulla in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento con una specie di certezza che questa fede è la mia o più precisamente sarebbe la mia senza la distanza tra essa e me, determinata dalla mia imperfezione".
Il Gesù dei catechismi o, meglio, di certi catechismi, alla fin fine è un Gesù anche comodo, perché ridotto a un concetto. Il Gesù dei Vangeli è un Gesù vivo, che ti mette in cuore la passione di seguirlo e ti fa soffrire -come dice Simone Weil- la distanza.
Se di tanto in tanto ci sorprendessimo a ricordare il Gesù dei Vangeli, quante assurdità, quante incoerenze, quante meschinità verrebbero alla luce nella nostra vita personale e nella comune prassi pastorale. Come siamo lontani dal Vangelo!
Ma forse il Gesù dei Vangeli si è perso nelle lontane nebbie della memoria. Al suo posto è subentrato a volte un altro Gesù, quello imbalsamato, poco o tanto, in aride formule teologiche.
Ritorniamo al Gesù dei Vangeli.

***

E LA MEMORIA DIVENTI RACCONTO

E la Memoria diventi Racconto. Diventi racconto, fatto di parole normali, quelle comuni, quelle del nostro tempo.
Non sarebbe un'occasione buona -mi sono detto- quella del Giubileo per scrostare la figura di Gesù da tante parole che non parlano più né alla mente né al cuore? Sì, per amore dell'ortodossia, potremo ripetere a lungo nel Credo che Gesù è "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre". Ma non so se tutto questo accenderà la nostra memoria.
Non so se accenderà meno il cuore e la memoria il credo di Paolo VI o quello ancora più umile di un prete di montagna, che suona così: "Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo. Immagine visibile e trasparente dell'invisibile volto di Dio. Immagine altra e pura del volto dell'uomo, così come lo ha sognato il cuore di Dio... ".
Raccontiamo di Gesù almeno nelle case, con le nostre parole. Senza troppa paura del cuore. E, se possibile, con un brivido di poesia. Così come raccontava di lui S. Ambrogio -ce lo ha ricordato il nostro Arcivescovo nell'ultima sua lettera pastorale- :
"Siamo tutti del Signore e Cristo è tutto per noi: se desideri risanare le tue ferite, egli è medico; se sei angustiato dall'arsura della febbre, egli è fonte; se ti trovi oppresso dalla colpa, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è potenza; sei hai paura della morte, egli è vita; se desideri il paradiso, egli è via; se rifuggi le tenebre, egli è luce; se sei in cerca di cibo, egli è nutrimento".

don Angelo


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