articoli di d. Angelo


 

MIO CARO STIMATO ARCIVESCOVO
lettera aperta al Cardinale Carlo Maria Martini


Mio caro e stimato Arcivescovo,
spero di non affaticarti con questa mia lettera: sono stato a lungo in dubbio se scriverti o no. Ieri sera, quando parlavi ai Consigli Pastorali del nostro Decanato e del Decanato di Quarto Oggiaro, mi è venuto spontaneo immaginare la tua giornata e il pensiero mi è corso a quella intensa giornata di Gesù che Marco racconta nel primo capitolo del suo Vangelo.
Un'ombra di stanchezza segnava il tuo volto e velava sorprendentemente la memoria: quasi non ti riusciva di ricordare se il Convegno Adolescenti, cui avevi partecipato, fosse stato il giorno precedente o ancor prima.
E dunque il timore di aggiungere fatica a fatica: non vorrei che la mia lettera allungasse - chissà - ancor più le tue notti. E, così, oso sperare ci sia qualcuno che, per sommi capi, te la riassuma o che tu possa, scorrendola velocemente, coglierne, come sai fare, i passaggi con una lettura trasversale.

SULLA TUA SCRIVANIA

Immagino quante lettere sulla scrivania di un Vescovo: già in tempi normali!. E quante più ancora, in giorni come questi, per via di quelle accuse che qualcuno ha avuto l'impudenza di muovere, quasi a segnalare una presunta complicità con il partito trasversale dei corrotti.
Chi ti è più vicino, chi nel cammino di questi anni si è più volte interrogato sul segreto che ti abita, non poteva avere dubbi: le accuse non ti avrebbero sfiorato più di tanto e la consegna - se mai te l'avessimo chiesta - sarebbe stata quella di non sprecare tempo e parole a difendere e di non assumere toni esagitati da crociata.
L'insipienza si condanna e si scava una fossa da se stessa.
Tra le cose che abbiamo imparato a stimare e ad amare in te, sorprendendola nei tuoi occhi chiari, c'è l'incanto di questa libertà interiore. Ad appassionarti c'è ben altro. Ben altro ti brucia nel cuore.

GLI UOMINI E LE DONNE DELLA SOGLIA

Ma forse un effetto buono, paradossalmente, l'insipienza ha sortito: quella di aver svelato, ancora una volta, quanto la tua presenza e il tuo magistero abbiano toccato, al di là dei confini istituzionali, i cuori: anche i cuori di coloro che siamo soliti chiamare "uomini e donne in ricerca": una razza inquieta, che si spinge fin sulla soglia ed esita ad oltrepassarla, quasi presa dal timore di immiserire il mistero o di inciampare nella meschinità degli uomini.
Una razza sempre attenta alle voci che hanno il timbro della autenticità.
Sarebbe mortificante e fuorviante interpretare come pura curiosità o, peggio ancora, come desiderio di strumentalizzazione, la loro attenzione nei tuoi confronti: in te riconosciamo un uomo del Libro e non del potere, un uomo di Dio sorprendentemente libero.
Mi sono commosso per le loro testimonianze: rivelano moti silenziosi, percorsi del cuore.

LA VISITA PASTORALE

Mi accorgo di aver divagato, scrivendo disordinatamente - almeno fosse disordine del cuore! - e vengo a un secondo motivo che mi muove a scriverti.
E' per dirti come ci sta colmando di gioia la notizia della tua prossima visita pastorale nella nostra parrocchia.
Tuo desiderio fu, fin dall'inizio, che le visite pastorali fossero nella ferialità.
Incontrare la ferialità vuol dire incontrare la vita più vera della gente, quella quotidiana, che fa il tessuto normale delle nostre giornate; la festa è un'eccezione: se vedi la festa, vedi poco della gente.
Rincorresti nel desiderio la ferialità delle visite pastorali, così come si rincorre un sogno, e i sogni - si sa - solo in parte forse si possono avverare.
La ferialità più che un giorno della visita, dice uno stile, un clima: il tuo desiderio - questo rimane! - è che dalla visita pastorale sia rimosso ogni aspetto decorativo, ogni parvenza di esteriorità, ogni allusione alla maschera: la maschera nasconde il volto.

VEDERE DA VICINO

Un vescovo viene per vedere da vicino, viene per conoscere: che senso avrebbe ostentare fumo o sequestrarlo sui palchi?
Dall'alto dei palchi si conosce così poco di un popolo: un popolo lo conosci immergendoti, condividendo un cammino.
Il pensiero corre a un gesto, quello con cui ti presentasti a noi, dodici anni fa: quel tuo ingresso così inusuale. Camminavi confuso tra la gente: non era processione, non era corteo, era cammino.
Ci sembrò di capire: uomo del cammino e non del palco, uomo della strada e non delle parate. Niente cordoni, niente posti riservati, niente separatezze. Così è stata la visita di Dio: Gesù di Nazareth, uomo della strada, Dio della ferialità e della condivisione.


UNA VISITA NELLA TRASPARENZA

Verrai il 17 gennaio. Sarà di domenica e celebrerai l'Eucaristia nella nostra chiesa.
Sarà breve visita: oggi non potrebbe essere diversamente in una diocesi come la nostra.
Ma che sia nella trasparenza reciproca! Una visita potrebbe durare anche giorni: e i giorni passati a far credere al Vescovo quello che non siamo, i giorni passati a elencare iniziative, senza raccontare il cuore: una visita pastorale all'insegna dell'ovvietà.
Può durare poche ore una visita pastorale, ed essere vissuta a tal punto nella trasparenza e nella immediatezza da far intuire, senza troppi discorsi, quello che passa nella vita della comunità. Una visita dunque, come tu ce la proponi, occasione per un reciproco conoscersi.

LA VISITA NON INIZIA OGGI

Una consapevolezza ci rimane nel cuore e ci piacerebbe dirtela, prima che tu venga fra noi: la tua visita qui non inizia oggi.
Se cominciasse oggi - perdonaci la franchezza - non ci toccherebbe più di tanto. La vita ci ha resi inguaribilmente scettici nei confronti delle visite che durano pochi giorni e poche ore: quell'"andare e venire" che lascia tutto come prima. E a noi piace interpretare in questo senso - anche se il biblista che è in te potrebbe rimproverarci per la disinvolta interpretazione - le parole del Vangelo: "Non passate di casa in casa…".
Tu non inizi oggi la visita a questa parrocchia: ci hai visitati dal giorno in cui entrasti nella nostra diocesi: quel giorno, per quell'ingresso inusuale, molti di noi si sentirono come "visitati".
Ci visiti ogni anno con le tue lettere pastorali: il nostro non è un vagabondare senza tracce: sei davanti, come il pastore, a segnare il cammino. Ci hai visitato ogni anno con la lettera di Natale, sei entrato così nelle nostre case, ed era come se tu ci svelassi qualcosa del tuo cuore, i sogni e le attese del pastore. Ci hai visitato scrivendoci. Noi oggi facciamo fatica a trovare il tempo per scrivere; sostituiamo alla lettera il telefono, ma non sempre il rapporto guadagna in profondità. C'è svelamento e svelamento!
Ci sentiamo spesso "visitati", quando appari, anche solo per brevi sequenze, su uno dei tanti canali televisivi: "visitati", perché le parole non battono l'aria, toccano nodi essenziali, toccano il vissuto della gente, toccano problemi veri della chiesa e del mondo. E tu non parli dall'alto, come succede spesso alle autorità, ma come uno che i problemi li sta attraversando e soffrendo con tutti.
Le tue parole, forse perché si affidano all'altra Parola, non sono declamatorie, sono parole sempre rispettose del cammino di ciascuno e non aggiungono peso a peso: "Guai a voi dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!" (Lc. 11,46).
Parlando di te, una parrocchiana quasi novantenne, giorni fa, disse: "Non abbiamo mai sentito un Vescovo così vicino!". Noi siamo sempre portati benevolmente ad esagerare; ma che ad esagerare fosse una tra noi che, per l'età, dovrebbe essere già propensa a evocare il passato, mi colpì e mi sembrò molto bello.
Per un attimo mi sorpresi a desiderare che tu fossi presente alla riunione, che tu potessi ascoltare. Cercai anche di immaginare la reazione sul tuo volto: avresti sorriso, come uno che prende atto delle buone parole, ma senza perderci il cuore, perché tu sembri guardare sempre più in là.
Stai alla nostra porta e bussi. Con la discrezione di Dio, ma anche con la sua gioia. Voglia il cielo che tu possa leggere nei nostri occhi la gioia dell'ascoltare la voce , la festa dell'aprire, la commozione dell'essere radunati alla Cena con te.
La tua visita viene da lontano. Ci porti anche lontano
.
Con affetto

don Angelo


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