articoli di d. Angelo


 

NON BASTANO I PROCLAMI


E tutto sembra rimanere come prima.
Siamo spettatori di avvenimenti di portata incalcolabile. Ed è come se cadessero nel vuoto: tutto procede come se nulla fosse accaduto.
La nostra generazione ha visto mutare inaspettatamente panorami mondiali: panorami dello spirito. panorami della democrazia, della libertà, della guerra e della pace.
Ci si è esaltati per qualche ora: lo spazio di alcune settimane. Ne abbiamo chiacchierato - sì, la "chiacchiera"! - nei nostri salotti pubblici o privati, sulla carta patinata delle nostre riviste: erano per lo più chiacchiere.
E non staremo per diventare la "generazione della chiacchiera"? La chiacchiera non ha profondità.
Così gli eventi - grandi o piccoli che siano - non ci coinvolgono più di tanto: rimaniamo quelli che eravamo. Passano senza lasciare traccia: una traccia dentro, l'unica traccia che, alla fine, rimane.

UNA GENERAZIONE DI PROCLAMATORI

Parallelo a questo fenomeno, se non erro, inquietante, è un altro, come il primo carico di interrogazione: il costume cioè di fare proclami.
I salotti pubblici e privati, le pagine dei giornali e dei rotocalchi, ma spesso anche le nostre chiese risuonano, a non finire, di proclami: siamo diventati una generazione di proclamatori, di sentenziatori.
Si pensa di aver fatto, perché si è parlato, si è proclamato. Come se seguire Cristo consistesse nel passare la vita a fare proclami o ad appendere manifesti.
Spesso poi si parla prima di aver ascoltato, prima di aver visto: prima di aver ascoltato "sul cuore", prima di aver visto "con il cuore".
Chissà che non volesse suggerire anche questo il Signore, quando diceva - ed è parola che sempre mi inquieta - : "Hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non odono".


MIRACOLO VERO, L'ASCOLTO

Forse per questo tutto se ne va senza lasciare traccia: non c'è cuore. Ed è il cuore che ti fa vedere l'invisibile; è il cuore che ti fa ascoltare il segreto. E' il cuore che ti fa ricordare.
Non ci siamo mai chiesti perché la maggior parte dei nostri proclami lasciano tutti o quasi indifferenti. Sono per lo più gelidi e lontani, non li sfiora la vibrazione del cuore; e la gente avverte ineffabilmente quando non c'è cuore.
Presso una generazione di parlatori - uomini della chiecchiera infinita - il miracolo da invocare non può essere se non quello dello Spirito: lo Spirito ama le profondità, conosce l'invisibile.
E dunque far tacere le nostre superficialità, dare spazio seriamente agli approfondimenti. Solo se hai l'abitudine di ascoltare a lungo, di interrogare profondamente persone, eventi, cose, sfuggirai al rimprovero: "Hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non odono". Tutto allora lascerà traccia in te.
Nell'era della chiacchiera, miracolo da invocare non è più tanto che si sciolga la lingua, ma che si aprano gli orecchi all'ascolto. Miracolo vero è essere uomini e donne d'ascolto.

LA BAMBINA E IL PRINCIPE AZZURRO

Un fenomeno su tutti ha ampiamente inquietato l'opinione pubblica italiana in questi ultimi mesi. E non era - così ci è sembrato - dissertazione accademica, se non altro per la passione civile che animava il dibattito. Intendo il fenomeno della mafia e delle sue connessioni con il mondo politico.
Non sta a noi - non abbiamo intelligenza e rigore per farlo - dettare rimedi atti a snidare questa piovra. Ma forse sta anche a noi indagare sulle radici lontane di questo fenomeno.
Tutti si meravigliano se "una bambina napoletana vede il principe azzurro con i tratti del potente camorrista". Ma forse pochi si chiedono quale terreno sia stato fertile humus al crescere del suo sogno.
Forse ha colpito nel segno, in un suo intervento sul quotidiano "Repubblica", Gianni Baget Bozzo, un politologo di cui non sempre ci è facile condividere analisi e soluzioni.
L'articolo è invito ad andare al di là delle fin troppo facili proclamazioni verbali e a chiederci se camorra, mafia, 'ndrangheta non trovino la loro forza proprio nel fatto che i loro valori altro non sono che quelli comunemente e ampiamente rincorsi.


LA VERA BARBARIE

C'è una volgarità strisciante che ci soffoca purtroppo da tante parti. Chi è oggi l'eroe nell'immaginario dei nostri bambini? Quale oggi il modello che fa impazzire il cuore degli adolescenti? E quali le aspirazioni più diffuse nel mondo adulto?
Che cosa è per noi "bello"? Che cosa ci appassiona? Che cosa ci fa dire, a sera: "E' stata una bella giornata"?
Ho fatto soldi. Mi hanno ammirato. Ho ottenuto favori. Mi sono tolto ogni sfizio…
Oppure. Ho servito il bene comune. Sono stato fedele al mio pezzo di storia, onorandolo con la mia intelligenza e professionalità. Sono stato utile a qualcosa, a qualcuno…
La cultura dell'avere a ogni costo, del ricevere a qualunque prezzo, lo cultura del pretendere tutto come dovuto è humus fertile per ogni logica mafiosa. Al contrario la cultura del dare, del servire con intelligenza e passione, del perdere la vita per ciò che veramente è "bello", costituisce l'antidoto efficace che spegne alla radice ogni logica mafiosa.
"I veri barbari" - scrive Baget Bozzo - "sono gli indifferenti alla vita degli altri, dell'altra persona, del loro popolo, degli altri popoli".

QUALE DIO?

Su queste frontiere, le frontiere dell'educazione - quale cultura produciamo? - dobbiamo interrogarci come chiesa, come famiglie, come scuola.
"Il vero problema per la chiesa è quello di chiedersi se essa può essere ancora una causa dell'immaginario, se può far intendere alle coscienze che la dedizione totale alla vita di tutti può essere il senso della vita".
"E' ovvio" - dirà qualcuno - "che sia così". E certo lo sarebbe, se ad abitare non solo le chiese ma anche le nostre coscienze, fino a prendere il cuore e la vita, fosse veramente l'immagine di un Dio capace di amare, di soffrire, di essere sconfitto, di morire.
O non rimarrà invece nelle chiese e soprattutto nelle coscienze, più o meno avvertita, un'altra immagine, quella di "un divino visto sotto il segno della potenza straordinaria, dell'intervento miracoloso che può piegare a vantaggio del devoto le regole della vita"? Non è quello che la camorra fa, fuori dello spazio sacro?
Quale immagine di Dio dunque? Quale Dio si predica nella penombra delle nostre chiese? Quale Dio si adora nel segreto delle nostre coscienze?

don Angelo


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