articoli di d. Angelo


 

UNA NOTTE IN QUESTURA


Sono le cinque del mattino e non mi riesce di riaddormentarmi dopo le ore della notte passate in questura.
Non mi era mai capitato di passare alcune ore della notte in questura, via Fatebenefratelli.
Mi sono svegliato di soprassalto questa notte al sibilo di una sirena di antifurto. Un breve tempo, per mettere a fuoco che il sibilo è quello della mia "Uno", parcheggiata in strada.
Capita di frequente e tutto finisce lì. Questa notte invece il fischio lacerante si ripete. Mi affaccio. Alcune pantere della polizia stazionano nella strada. Anche un cieco come me può riconoscerle nella notte per la grande scritta bianca che tiene tutto il tetto.
Mi invitano a scendere. Addossati alle auto della polizia, tre ragazzi albanesi ammanettati.
"Dove abiti?": chiede il poliziotto? "Ovunque": è la risposta.
I poliziotti mi invitano ad accompagnarli in questura per la denuncia di rito. Le auto partono sgommando nella notte.

Sfrecciano veloci le pantere e le gazzelle nella notte e nel cuore mi risuona l'"ovunque" degli albanesi: "dove abiti?". "Ovunque". E per associazione, strana associazione, mi ritorna alla mente l'"ovunque" del vecchio catechismo: "Dove abita Dio?". "Ovunque".
Ovunque. Lui sì. Anche in questo ufficio anonimo di una questura, dove una ragazza di colore, dopo chissà quali avventure, dorme su una sedia, appoggiata al muro, dove l'ispettore di polizia è alle prese con una stampante che funziona e non funziona, dove telefonini squillano uno sull'altro -e la ragazza dorme-, dove i volti delle donne poliziotto sembrano portare, ancora più pesanti, i segni della fatica notturna.
Ora la ragazza di colore è svegliata, invitata a firmare un verbale: firma lei, firma la donna poliziotto, e se la porta via nella notte.
Per strana associazione il pensiero va ad altri interrogatori nella notte. Anche lui, interrogato nella notte, il Signore.
Dappertutto Dio! Mi piace pensarlo qui in queste ore della notte. Qui, anche quando noi dormiamo: sia che tu vegli, sia che tu dormi: "non si addormenta il custode d'Israele" (Salmo 121, 3).
Ma come dirlo alla ragazza di colore, che se ne va trascinando nella notte con fatica la sua bisaccia gonfia e pesante?
È come se qui toccassi, questa notte, un mondo altro che pulsa, pur se invisibile, nelle nostre città, un mondo spesso ignorato.
È come se qui si aprissero gli occhi su uno spaccato del mondo, cancellato normalmente nella nostra disattenzione.
Chi toccherà il mondo della notte in questura? E quanti altri mondi ignorati? Si vive come se non ci fossero, però ci chiamiamo cristiani, discepoli di uno, che "toccava" il lebbroso.
Abbiamo rimosso e censurato le notti, abbiamo rimosso e censurato pezzi di storia che ci appartengono, camminiamo come se ci appartenesse solo il giorno e non la notte.
Qui in un ufficio della questura, nella notte, tra scambi di voci -"Ha ucciso?". "Sì, ha ucciso...". "Abbiamo verificato: è un minore". "Ci tocca telefonare al P.M."- per strana associazione mi ripassano davanti agli occhi le parole di Suor Paola in una lettera dell'aprile scorso.

La sua testimonianza dalle carceri di Yaoundé nel Camerun. Testimonianza di una fede lontana da spiritualismi vaghi, senza carne e senza sangue, spiritualismi incolori. Testimonianza di chi non parla dall'alto, ma immersa nella drammaticità e spesso nella inspiegabilità della storia:
"... Ora ho aggiunto l'impegno con le donne, non più sporadicamente come prima e sto facendo una forte esperienza di scoperta di un mondo tanto lontano dai nostri schemi conventuali... sesso, odio, aborti, gelosia.
Cosa merito ad essere vissuta in altri ambienti?
Che valore ha la verginità non provata da situazioni al limite del reale, come vivono queste donne?
Che responsabilità abbiamo! Veramente sento profondo rispetto per queste donne e tutto il mio impegno per aiutarle a riscoprire la loro dignità, il loro valore, attraverso l'ascolto, l'attenzione, l'interesse alla loro sofferenza, al loro corpo, alla loro famiglia, alle loro attese, a volte così deluse e schiacciate.
Mi commuove la semplicità e libertà con cui mi affidano i loro problemi (che, sinceramente, faccio fatica a comprendere, perché il convento non ci prepara certo ad affrontarli); sento che non posso giudicarle e, forse, cercano con me qualcosa di "pulito", Qualcuno che le ami così come sono e Cristo diventa il loro fratello.
Caro don Angelo, a volte mi sembra di non poterne più, di non farcela per il cuore pieno, il corpo a pezzi, la paura, la rivolta... ma sempre, sempre (e questo è il miracolo!) ritrovo la forza, la gioia e la passione per continuare, vivere, amare e lasciarmi amare.
Tutto è GRAZIA, da sola non potrei, il Signore è con me, con noi, lo vivo continuamente e ne sono felice".
Stare dentro la vita.

Unica certezza,
tra sabbie e deserti
di scelte provvisorie,
il Cristo, Presenza e Assenza,
vicino come la carne
di uno sposo
e atteso nella notte
con fiaccole
che faticano al vento
quasi fossero
sul punto di morire.

Stare dentro la vita al di là di tanti schemi, così lontani dal Vangelo di Gesù. Troppo facile proclamare che Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio: che cosa difendeva, chi difendeva? Sono le cose che oggi noi difendiamo?
È cresciuto ai nostri giorni, dentro e fuori le chiese, dentro e fuori i movimenti, a dismisura, un cristianesimo "parlato", che fa dire a qualcuno: "Tanto sento crescere in me un bisogno incontenibile di spiritualità, altrettanto cresce in me il bisogno di rifuggire dalla protervia cattolica".
Gesù sta diventando un nome e, nel suo nome, si difendono altre cose, interessi di parte. E vengono tagliate pagine di Vangelo.

Ti dirò che mi incuriosiscono sempre i tagli. Anche i tagli che la liturgia di tanto in tanto va operando su brani biblici, proposti alla nostra meditazione.
Sarà sempre per offrire una lettura più agevole, meno pesante, del testo biblico o non sarà qualche volta per attenuare il tonfo della Parola, il tonfo nel cuore?
Un testo che ha subito -a mio avviso- un taglio sospetto è quello del capitolo 7 del Vangelo di Matteo, che nella lettura liturgica è stato decurtato dei versetti 22 e 23.
Il testo è noto: parla dei veri discepoli. Veri discepoli sono quelli che non si limitano ad ascoltare le parole di Gesù, ma le mettono in pratica: la loro casa, fondata sulla roccia, resiste ad ogni avversità della vita. A differenza di quella di coloro che ascoltano, ma non fanno: la loro casa, casa sulla sabbia, è esposta a crolli clamorosi.
Il testo, noto, è introdotto da un forte monito: "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno di Dio...". Ed ecco il taglio, il taglio sospetto: "Molti mi diranno in quel giorno: "Non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?". Io però dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuto, allontanatevi da me, voi operatori di iniquità!"" (Matteo 7, 22-23).
Sono troppi coloro che dicono di agire "nel nome di Gesù" e vantano profezie, vantano miracoli, vantano cacciata di demoni.

Questo passo del Vangelo di Matteo è fortemente polemico e ci mette in guardia dalle parole troppo religiose verniciate col nome di Gesù, dalle troppe operazioni religiose verniciate col nome di Gesù. Gratta gratta -ma poi neanche tanto- e ti accorgi che c' è un interesse personale o di gruppo, cui spesso si accompagna un pregiudizio spietato, aprioristico, sugli altri: "Glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri".
Invocate lo Spirito, ma non sapete di che Spirito siete. Non sapete dove sta di casa la misericordia. Sapete bene -troppo bene- dove abita il sospetto, il giudizio, la stroncatura spietata "in nome di Cristo".
Pericolo sempre in agguato negli uomini "religiosi" è quello di tagliare la vita -come se fosse solo giorno e non anche notte- e di tagliare il Vangelo, come se fosse semplicemente dire Dio: "Non chi dice: Signore, Signore...".
Dove abita Dio? "Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui trova compimento in noi" (1 Giovanni 4, 12).
Pensieri nella notte. Da un ufficio della questura.

don Angelo


torna alla home