articoli di d. Angelo


 

FOGLI SPARSI:
IL RIPOSO, IL CORPO, IL SORRISO E ALTRO


I fogli sono sparsi. O forse c'è un filo che li ricuce? Il primo foglio mi porta a una riunione di fine anno. Il fine anno è tempo di verifiche. Anche per gli itinerari di catechesi.
Mi ha sorpreso e incuriosito, in una riunione di genitori, le riflessione di Anna, che, proprio mentre le altre mamme proponevano di organizzare ulteriori incontri, per lo più ludici, nel pomeriggio della domenica, con molto garbo, ma anche con fermezza, manifestò un'opinione controcorrente: "Mia figlia" - disse - "non ne può più delle cose organizzate, degli incontri programmati e attende la domenica come il giorno della libertà, come il tempo della spontaneità, dopo una settimana che l'ha assillata con i suoi molteplici impegni".
Mi sorprende e mi incuriosisce la riflessione di Anna, perché mi sembra vada a segnalare l'esito, non certo esaltante, di una società, dove sei costretta a "ballare" tutto il giorno, come una trottola, stressato da mattina a sera, fino a sentirti quasi in dovere di aggiungere subito un'altra cosa, se per avventura ti rimane incredibilmente uno spazio vuoto nella sequenza assillante delle ore e delle giornate.

PARTORIRE VENTO

Il pericolo - non astratto - è che la nostra diventi una vita da alienati. Forzati a correre, senza mai indugiare.
E non sarà questa una delle cause delle nostre frustrazioni, una delle cause del nostro "partorire vento?"

"Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori,
quasi dovessimo partorire: era solo vento.
Non abbiamo portato salvezza al paese
e non sono nati abitanti nel mondo" (Is. 26,18).

Non per nulla nelle prime pagine della Genesi si racconta di un Dio che, dopo aver benedetto gli animali, l'uomo e la sua donna, benedice il "settimo giorno". Ora la benedizione di Dio è sempre per la fecondità.
Il settimo giorno è per la fecondità. L'esilio cui abbiamo costretto la domenica, non avrà come ripercussione una vita senza benedizione, un tempo senza fecondità?
Il racconto della Genesi sembra proporre un'immagine diversa della settimana: la settimana come spazio in cui i sei giorni lavorativi dell'uomo si aprono fiduciosi, nel settimo giorno, al compimento di Dio, quasi a riconoscere la nostra finitezza, la finitezza delle nostre mani, una finitezza che attende, per essere compiuta, l'intervento delle mani di Dio.

IL CANTICO DEI CANTI

Il secondo foglio ha il volto di ragazzi e amici carissimi: il volto di Maddalena e Paolo, di Stefi e Aris, di Nicoletta e Andrea, di Anusc e Luca, di Rossella e Enrico…
Proprio loro, alla fine degli otto incontri per fidanzati, hanno proposto a tutti di non interrompere un'esperienza troppo bella, ma di darle nuovi spazi nel tempo.
Ci hanno accompagnati in questi ultimi incontri le pagine affascinanti del Cantico dei Cantici, un libro della Bibbia, che canta poeticamente la dimensione gioiosa, festosa, passionale dell'amore umano: libro della Bibbia che non ci è giunto invano: non per caso né per errore.
Non è dunque lecito fare come se non esistesse, solo perché le sue pagine danno spazio alla dimensione corporea, erotica dell'amore.
Vano e mistificante sarebbe il tentativo di farne una lettura metaforica o spiritualizzante, dimenticando che, come insegnano le prime pagine della Genesi, il corpo e la sessualità fanno parte di quelle cose che Dio ha regalato all'uomo e alla donna. Realtà che Dio vede "belle" e dona all'uomo e alla donna, perché ne godano, senza peraltro divinizzarle.

NON ESSERE PIU' PII DI DIO

Buona cosa, cosa bella, tra le cosa buone e belle di Dio.
Scrive Bomhoeffer, a smentire censure o false sublimazioni del passato:
"In verità noi non sappiamo immaginare un amore più caldo, più sensuale, più incandescente di quello cantato nel Cantico dei Cantici; ed è importante che si trovi nella Bibbia a smentire tutti coloro che vedono il cristianesimo nella moderazione delle passioni ( ma dov'è mai questa moderazione dell'Antico Testamento?) (Resistenza e Resa, pag 255)
Scriverà in un'altra sua lettera dal carcere:
"Penso che dobbiamo amare tanto Dio nella nostra vita e in ciò che egli ci concede di bene, e dobbiamo avere una tale fiducia in lui, che quando giunge il momento - ma solo allora! - si possa andare a lui con amore, con fiducia e gioia.
Ma - per dirla franca - che un uomo tra le braccia di sua moglie debba sentire un'ardente nostalgia dell'aldilà, è, a essere indulgenti, mancanza di gusto e comunque non volontà di Dio. Bisogna trovare e amare Dio in ciò che egli appunto ci dà; se a Dio piace farci godere una travolgente fortuna terrena, non bisogna essere più pii di Dio stesso e lasciare che questa fortuna si guasti con pensieri tracotanti, con atteggiamenti di sfida e con una fantasia religiosa scatenata, sempre insoddisfatta di quanto Dio concede.
A colui che lo trova nella sua felicità terrena e lo ringrazia, Dio non farà mancare delle ore in cui gli verrà ricordato che le cose terrene sono transitorie e che è opportuno abituare il proprio cuore all'eternità(…). Ma tutto ciò vuole il suo tempo: la cosa principale è che si tenga il passo di Dio, che non si continui a precederlo di qualche passo, ma che nemmeno si rimanga indietro rispetto a lui di qualche passo. E' presunzione volere tutto in una sola volta (…). A tempo debito Dio fa tutto bene" (Resistenza e Resa, pag. 162-163)

DOVE LA BUONA NOTIZIA?

Essere più pii di Dio stesso! Permangono - dobbiamo confessarlo - nel nostro immaginario religioso impressioni su Dio, su Gesù di Nazareth che risentono della nostra ristrettezza di cuore. Al punto che - si faceva notare in un nostro incontro -a prima vista sentii una distanza tra il linguaggio poetico del Cantico dei Cantici e quello apparentemente più normativo del Vangelo.
Ma sarà poi vera questa impressione o non sarà colpa nostra l'aver appiattito l'evangelo sul registro opaco delle cose da fare? Che vangelo sarebbe, che buona notizia, un prontuario delle cose da fare?
E la buona notizia non è forse Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, l'uomo della libertà interiore, lontano dall'idolatria ma anche dalla demonizzazione delle cose, l'uomo dagli occhi e dal cuore limpidi, l'uomo dell'amicizia più tenera, lontano da ascetismi falsi, il Rabbì che si lascia profumare da una donna con un unguento che vale lo stipendio di un anno. Non è forse questa - questa tenerezza di Dio - la buona notizia?

SORRIDEVA GESU' ?

E vengo al terzo foglio. E' un foglio in gran parte bianco, in gran parte ancora da scrivere. Il terzo foglio ha il volto di Franca e porta scritta la sua domanda che mi insegue da giorni. La domanda è su Gesù. "Non ricordo" - diceva Franca nelle ombre di una sera, su un terrazzo ospitale di via Bazzini - "che nel Vangelo si dica che Gesù sorridesse!".
La domanda mi prendeva al cuore. Mi incantava pensare che nella grande città, dove sempre più rare si erano fatte le luci delle case nella notte, qualcuno si interrogasse sul sorriso di Gesù.
Volto di profeta il volto di Gesù: e il volto dei profeti è anche severo: Franca ricordava il "Vangelo secondo Matteo" di Pasolini.
Sorrideva o non sorrideva Gesù? Certo il suo volto non poteva non tradire emozione quando si incantava a guardare i gigli del deserto o gli uccelli dell'aria, quando benediceva, esultando, il Padre che i segreti del Regno li svela ai piccoli.
Sorrideva o non sorrideva Gesù? Il foglio è in parte bianco e ancora da scrivere: ognuno può ripercorrere il Vangelo e tentare una risposta alla domanda.
C'è un'ipotesi che mi affascina, ma andrebbe provata: Cristo sorrideva, ma non con il sorriso sguaiato e tronfio di tanti personaggi che fanno mostra di sé alla televisione: non gliene importa granché della gente.
Forse per questo c'era, ma era anche velato, il sorriso sul volto di Gesù: era uno che, anche quando sorrideva, portava nel cuore il carico del mondo.

don Angelo


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