articoli di d. Angelo


 

...ED ESSERE COCCOLATI

Ci sono storie urbane segrete, non per questo meno tenere e struggenti. Storie di morte e di "miscredenti".
La storia da cui prende inizio oggi la mia riflessione è solo una della tante. Ha solo valore di simbolo.
È avvenuta nei dintorni della settimana santa, una settimana che parla di morte e trasfigurazione e mi ha preso il cuore. Siamo a giugno ed è come se fosse ieri.
Una voce al telefono. Di quelle che chiamano da chilometri e chilometri annullandoli ed è solo vicinanza, immediatezza. Mi dice di Antonella: che è all'Istituto dei tumori, che i medici non hanno più speranza. Sarebbe stato questione di giorni, pochi giorni.
Tu puoi capire cos'è una strada quando vai a vedere un'amica e sai che le rimane poco: "Un poco ancora" -diceva Gesù- "e non mi vedrete".
Volli andare a piedi. Camminando mi sarei preparato. "Preparatio ad Missam": era scritto un tempo su alcune tabelle ingiallite, affisse nelle nostre sacrestie. Forse non c'è solo da prepararsi a celebrare una messa o a morire, ma anche a veder morire.
Mi accompagnò da Antonella un'amica, Laura, medico anestesista all'Istituto.
Non lo confessai a Laura, solo ora glielo dico, ma era come se, salendo insieme i gradini, mi togliesse una certa fatica, come se mi rendesse meno insopportabile l'emozione.
Antonella quel giorno aveva ancora forze. Ci venne incontro. Parlammo a lungo in una sala del reparto di terapia intensiva. Stava accucciata su un divano di pelle e faceva sogni. Sogni negli occhi. Io mi perdevo. Mi perdevo a sognare, a sognare l'invisibile.

Quando di lì a poco l'andai a ritrovare, mi vennero incontro i suoi amici "miscredenti": loro a farmi festa, a dirmi che Antonella sarebbe stata strafelice di vedermi. Anche loro, come Laura, ad accompagnarmi. Storie di strani accompagnamenti. Con loro, come con Laura, mi sentivo sostenuto, potevo entrare.
Ed era ora un parlare più con gli occhi che con le parole, parlare sorridendosi e accarezzando. Era come un dirsi pian piano addio, "a Dio", ma nella pace. E poter vincere la paura. Perché di fronte alla morte anche Gesù di Nazaret ebbe paura e non facciamoci -salviamo il pudore!- migliori di lui.
Accanto al letto di Antonella, oserei dire per merito dei suoi amici "miscredenti", l'atmosfera non era quella della paura che a volte accompagna parole e gesti ecclesiastici: conosco uomini e donne condotti, sul punto di morire, nell'angoscia dalle inopportune e gelide parole clericali.
L'aria che respiravi nella camera di Antonella, una camera qualunque in fondo al corridoio, era sorprendentemente un'aria di serenità: i suoi amici sempre pronti, ma con il volto della festa. Loro a stringerle ininterrottamente la mano, loro a farla sorridere, loro a parlarle, anche quando quelli che la sanno alla lunga dicono che non serve, loro ad accarezzarla, a coccolarla.

Mi sembrava di cogliere più fede nella vita, nella vita che vince la morte, in questi gesti abitati da un cuore che non nelle parole stanche di una fede disabitata dai sentimenti. Qualcuno forse ricorda litanie rabbrividenti della "buona" morte.
Perché invece non dire "a Dio", ma nella pace, coccolando, coccolando fino all'ultimo respiro.
Ritornavo dall'Istituto con il cuore paradossalmente rassicurato da "miscredenti". In me, nel punto più profondo di me, stavano congiunti sorprendentemente il dolore per un'amica che non avrei più visto con l'emozione per la tenerezza, di cui ero stato a quel letto testimone.
Gli uomini delle sottigliezze teologiche, quelli che sanno sempre dove abita Dio, a questo punto del mio racconto, ne puoi essere certo, avranno mille cose da obiettare e chissà quanti e quali "distinguo" e precisazioni da fare sugli "accompagnamenti" laici, per loro vuoti di fede. Ma dei discorsi senza cuore fai bene, fai sempre bene a diffidare.
Appartengo, e sarà nota di demerito, al numero degli uomini e delle donne che ringraziano ogni giorno Dio di averci creati non solo corpo e non solo spirito, ma corpo e spirito insieme e succede più di una volta a noi, così fatti, di pensare che forse il migliore presentimento delle mani di Dio sulla terra sono le mani dei tuoi amici che ti stringono, ti abbracciano, ti coccolano, sul punto della morte: quelle mani sono profumo di Dio. Da tenerezza a tenerezza. Mani quasi sacramento, se "sacramento" continua a significare segno sacro, segno che, nel limite, svela una Presenza.
Antonella si addormentò di lì a poco, coccolata in quelle mani, affidata ad altre mani.

Pochi giorni dopo, quando ci fu dato di celebrare nel suo ricordo l'Eucaristia, uno dei suoi amici mi disse: "Penso che oggi Antonella avrà sorriso: è riuscita a portare in chiesa per una volta anche noi miscredenti".
Ma nell'omelia a me venne spontaneo ringraziare quegli amici per l'emozione lasciatami in cuore da quel loro dolce e tenero accompagnarla.
Mi avevano fatto sognare di poter essere anch'io, uomo poco spirituale, accompagnato così nella mia morte. Da mani tenere. Ed essere coccolato.

La morte poco o tanto ci fa paura. Forse perché -come scrive Enzo Bianchi in "Ricominciare"- "quando si arriva a una pienezza di vita, quando si cominciano ad avere molti rapporti affettivi, la morte risulta più contraddittoria, proprio in quanto segna la fine di questi rapporti. La Scrittura pronuncia questa profonda verità: la morte è innanzitutto cessazione delle relazioni con gli altri. Chi non è in relazione con gli altri è già morto. Allora -qui si innesta la mia esperienza più personale- questa separazione mi contrista. Debbo confessare che ho in questa vita persone che amo, e il pensiero di veder dissolto tutto questo mi rende a volte nemico il volto della morte…
Al Signore dico sempre che gli amici che ho avuto e che ho sono per me il più profondo motivo di ringraziamento. Ho avuto e ho tanti amici, e l'amore tra di noi è la cosa più bella e preziosa che vivo, è i l privilegium amoris" (Ricominciare nell'anima, nella chiesa, nel mondo, Marietti, p.69).
La morte poco o tanto ci farà paura. Fece paura a Gesù. Fece paura a Mosè. Forse per questo sogno di essere sino alla fine coccolato.
Mi coccolerà qualcuno? Non lo so. Purché mi coccoli Dio.

Il pensiero mi corre al midrash della morte di Mosè. Anche l'uomo del deserto, la guida forte, volto bruciato dal sole, ha un povero cuore che trema. Ma Dio si china su di lui e lo bacia. Ha bisogno, per morire, di essere baciato, l'uomo del deserto, volto bruciato dal sole.
Racconta il midrash:
"Avendo finalmente accettato di morire, Mosè implora Dio di non consegnarlo nelle mani dell'angelo sterminatore, che gli fa paura: Dio glielo promette.
L'angelo sterminatore si avvia verso Mosè a tre riprese, ma può solo guardarlo da lontano.
L'ultima ora è giunta. Mosè l'impiega per benedire le tribù di Israele. Comincia con il benedirle una alla volta, ma siccome il tempo incalza, le benedice tutte assieme.
Poi, circondato dal prete Eleazar e dal figlio Pinkas, e seguito dal discepolo Giosuè, comincia a scalare il monte Nebo; lentamente, entra nella nube che lo attende. Mosè avanza di un passo e si volta a vedere il popolo che lo segue con lo sguardo. Avanza un altro passo, e si volta di nuovo per vedere gli uomini, le donne ed i bambini rimasti laggiù. Alcune lacrime scendono dai suoi occhi, non vede più nessuno.
Arrivato sulla sommità della montagna, si ferma. "Hai ancora un minuto": Dio lo previene, per non privarlo del suo diritto alla morte.
Mosè si stende sul suo giaciglio. "Chiudi gli occhi": gli dice Dio. E Mosè chiude gli occhi. "Incrocia le braccia sul petto": gli dice Dio. E Mosè incrocia le braccia sul petto. E Dio lo bacia sulla bocca in silenzio. E l'anima di Mosè si rifugia nell'alito di Dio che lo porta nell'eternità.
E il popolo d'Israele ai piedi della montagna brumosa pianse. E tutta la creazione pianse. Lassù gli angeli e i serafini lo accolsero nella gioia che risuonò in tutte le sfere celesti.
Nessuno conosce il luogo in cui riposa. Per l'uomo della montagna la sua tomba si trova nella valle. Per gli uomini delle valli, si trova sulla montagna. È dappertutto e altrove, sempre altrove. In un certo senso, egli vive ancora in noi. Perché, finché un figlio di Israele, da qualche parte, proclama la sua legge e la sua verità, Mosè vive attraverso lui, in lui, come vive il cespuglio ardente, che consuma il cuore degli uomini, senza consumare la loro fede nell'uomo e nei suoi richiami strazianti".

don Angelo


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