articoli di d. Angelo


 

I SEPARATI HANNO CANTATO INSIEME

E' una "povera" veglia. Forse anche per questo mi affascina, E anche per questo desidero parlarne
Ad animarla e sostenerla non sono le grandi organizzazioni, i grandi movimenti. Non ci sono masse precettate dall'alto.
Anche le chiese - la chiesa cattolica, le chiese della riforma, le chiese dell'ortodossia - ci sono e non ci sono, Non sembrano . forse il giudizio è severo - coinvolgersi più di tanto.
E' una veglia di "poveri". Forse per questo mi affascina: ci sono quelli che ci credono.
In compenso quelli che ci sono - glielo leggi sul volto - sono segnati da questa passione, mossi da questo sostegno, l'ecumenismo.
Forse anche per questo non posso mancare. Anche se non sono poi così sicuro di resistere al sonno.

SENZA DISTINZIONE

Quest'anno la vigilia muove dalla chiesa di Sant' Angelo. E' un cammino. Di uomini e donne, senza distinzione.
Si arriva alla spicciolata: chi in auto, chi con i mezzi pubblici. C'è chi arriva in bicicletta, ti sorpassa per via Della Moscova e ti saluta.
Povera, ma ricca di volti questa veglia. E nessuno che abbia l'aria della cerimonia
C'è questo puntare tutto nell'unica direzione. Fuori la Chiesa ritroverai gli amici, anche quelli della bicicletta intenti a legarla a un improbabile supporto.
Noi tutti leghiamo la veglia a questo cielo, non luminosissimo ma finalmente senza pioggia. Alla sua resistenza alla pioggia.

LA VEGLIA, UNA DONNA

La chiesa di Sant' Angelo è invitante, la navata è aperta, disegna l'ampiezza del cuore. Non ostacoli. Lontano, nel presbiterio, fanno mostra di sé le impalcature del restauro, ma le hanno ornate di fiori. Prima o poi, a restauro ultimato, le smuoveranno.
Inizia le veglia. A introdurla è la pastora Lidia Maggi. Il timbro è dolce ma forte a un tempo, come di chi guida.
A guidare la veglia è una donna: ed è come se un'impalcatura, un ostacolo, una divisione fosse già rimossa. Per dono dello Spirito.
Per troppo tempo si è pensato alle donne come impure: qui le donne siedono sul presbiterio, con tutti, guidano la veglia. E' crollata l'impalcatura "puro e impuro".

IMPURA E' LA SEPARAZIONE

Siamo qui a invocare lo Spirito, quello che scese in pienezza su Gesù di Nazareth, Lui, icona purissima dell'ecumenismo.
Il pastore valdese Adamo commenta Giovanni 4,7-25. Quel giorno - dice la lettura del brano di Giovanni - Gesù doveva ritornare dalla Giudea alla Galilea.
Avrebbe potuto evitare - come spesso facevano i Giudei osservanti - il passaggio dalla Samaria, luogo degli impuri e dei bastardi, luogo dei non ortodossi.
E Gesù passò presso il pozzo nel paese degli impuri. Chiese da bere ad una donna impura e crollò un'altra impalcatura, un altro ostacolo fu rimosso. Per dono dello Spirito.
Impura è la separazione: sembra dire Gesù . La separazione tra uomo e donna, tra popolo e popolo, tra confessione religiosa e confessione religiosa.
Siamo qui a invocare - ognuno dal profondo della sua tradizione religiosa - lo Spirito che ci lava dall'impurità della separazione.
"Sotto il tuo soffio" - recita la liturgia di Pentecoste della chiesa evangelica riformata - "il deserto è fiorito come le rose, tu hai slegato la bocca dei muti, tu hai dato forza ai deboli, i peccatori si sono pentiti, i ricchi e i poveri si sono incontrati, coloro che erano separati hanno cantato insieme le tue lodi e il mondo ha visto il tuo amore".
All'invocazione della liturgia della chiesa evangelica riformata fa eco quella della tradizione ortodossa, fa eco l'invocazione della chiesa cattolica. Fa eco il canto della corale valdese: "Vieni, Spirito di vita. Dacci pace, dacci grazia, dacci forza. Infondi gioia, infondi amore, infondi forza".

NESSUNO COME IL FIGLIO MAGGIORE

Ed eccoci in cammino - sono scese le ombre sulla città - verso la chiesa protestante di via De Marchi.
Gli alberi del giardino quasi si confondono con il buio. Sostiamo alla porta. Dentro intravedi una casa illuminata, Siamo accolti al suono festoso e solenne dell'organo. Il pensiero corre a un'altra casa, quella della parabola del Vangelo di Luca .
Anche la chiesa del padre prodigo - prodigo di amore - si riempì del suono dell'orchestra al ritorno del figlio che si era separato. Ma proprio la festa divenne per assurdo motivo di separazione per via dell'altro figlio, quello maggiore, che si sentiva migliore dell'altro.
Sentirsi migliori è all'origine di ogni separazione.
Il suono festoso dell'organo, la gioia del convivere. E nessuno che si sente migliore. Forse per questo la gioia è quasi palpabile. Si ripercorrono criticamente pagine e pagine di storia passata, la storia della riforma protestante, a lungo - troppo a lungo - letta come storia di assenza: assenza di luce, assenza di amore, assenza di spiritualità. Ora finalmente evocata come storia della presenza: della ricerca di Cristo, della fedeltà al suo Vangelo, del rispetto della coscienza.
Il pastore Holger Banse racconta per immagini il cammino dell'ecumenismo, di un'unità che non è impallidimento, ma armonia dei volti. Non un colore solo, ma tanti colori, e tutti i colori a formare l'arcobaleno.
Il nostro sogno non è essere come una statua o come un dipinto, ma come un mosaico. Essere tessere del grande mosaico. "Non fissate nel cemento" - dice Holger - "ma mobili nella sabbia".

NEI GIARDINI, DI NOTTE

La vegli dei "poveri" riprende le strade sempre più buie della città. Si va a due a due, e nessuno che si sente migliore.
Non c'è l'imponenza delle processioni. Non c'è l'impetuosità dei cortei. Non ci sono statue, non ci sono ostentori, non ci sono striscioni. E' un andare da pellegrini. Unica forza , il segreto, la passione che si porta nel cuore, pellegrini ostinati dell'ecumenismo.
Agli incroci qualcuno osserva con stupore, qualche altro dà sfogo allo strombazzare dei clacson. Sembra dire: "che a sostare ci costringa una grossa manifestazione, passi! Ma che a fermarci, per alcuni secondi, siano questi sognatori, proprio no!".
Poi, ultima tappa, i giardini pubblici di via Manin.
I giardini di notte, le ombre silenziose a evocare forme evanescenti. Qua e là, qualche rara luce.
Di notte profuma l'erba. Di giorno si ritrae intimidita, dietro gli assalti dei veleni del traffico.
Il veleno è separazione, il profumo è abbraccio.


SFIORARE DOLCEMENTE

Abbiamo avvelenato le acque e l'aria, abbiamo saccheggiato il cielo e la terra, abbiamo dissacrato l'armonia del creato.
Il cammino sosta qui, ai bordi della grande fontana, quasi un abbraccio: in silenzio l'acqua, l'alto zampillo, la voce limpida e forte di Lidia, che invita a un gesto di purificazione. Ognuno lavi le mani nell'acqua, nella notte.
Il gesto è sacro, senza possesso. Noi che dell'acqua disponiamo a piacimento, usandone come cosa che ci appartiene, con mani rozze, noi ora la sfioriamo dolcemente, quasi a non turbarne i segreti, così come sfiori teneramente la creatura che ami.

FERITE APERTE

Cessa il canto. Tace ogni voce. E' silenzio senza incrinature.
Si va lentamente, quasi non volessimo ridare dolore ad una ferita.
Poco lontano da questo giardino una lapide ricorda una notte di luglio, il boato nella città, una vampa di fuoco nella notte, una ferita ancora aperta.
Un folle atto di criminalità uccise un vigile urbano Alessandro Ferrari, tre vigili del fuoco, Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, un cittadino del Marocco Driss Moussafir e distrusse un'ala del Padiglione di Arte Contemporanea.
Con la sosta in questo luogo intendiamo esprimere la nostra solidarietà a tutte le vittime innocenti di ogni violenza causata in questa città.
A Dio chiediamo di aiutare la città a non dimenticare, a perseguire la giustizia secondo la legge, a liberarsi di una distruttiva cultura di morte.
Lo Spirito di Pentecoste ci ha condotti in questo luogo che rappresenta le diverse e recenti ferite della città, per aprirci alla giustizia del Regno.
Qui ci dona la grazia di non sentirci migliori degli altri: come cristiani non siamo meglio dei nostri concittadini, con i quali condividiamo nel bene e nel male le responsabilità della vita sociale.
La veglia ecumenica qui fa silenzio.
Gli occhi fissano non senza emozione il drappo bianco, la scritta, forte come un comando: "lavate le vostre mani…", accanto alla stele che ricorda i nomi degli uccisi.

CHE NE SARA'

E' notte, sarà giorno. Che ne sarà di questa scritta? Piccola sorella anche questa scritta.
Sarà notte e sarà giorno. E altre scritte, ben più vistose e appariscenti verranno esibite sui muri della città. Altre parole più seducenti verranno declamate dagli schermi televisivi che non conoscono il silenzio.
Povera veglia, la veglia ecumenica di Pentecoste nella città: eppure nella sua povertà sta la sua ricchezza, nella sua debolezza la sua forza.
Piccola voce, come piccola è la colomba che ti è stata consegnata questa notte all'uscita del giardino, come piccolo è il foglio bianco che ti è stato affidato.
Non ti riesce di srotolarlo, prima di essere rientrato nell'intimità della casa. E' come aprire una lettera, la stessa emozione: una lettera non la apri in pubblico, chiede intimità. Ora leggi:
"Non credere
di essere progredito un passo
nella tua opera di santificazione
se non senti profondamente
di essere peggiore
di tutti gli altri"
( D:Bonhoeffer)

L'ecumenismo è parola vuota, i documenti sono lettera morta, il cammino della santificazione pretesa vana, se non prendiamo sul serio questa parola: sentirci peggiori degli altri.
La veglia ecum

don Angelo


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