articoli di d. Angelo


 

"INTERROGA I TEMPI ANTICHI …" (Dt. 4,32)

"Interroga i tempi antichi…".
Può sembrare strano - fuori moda e fuori tempo - questo invito, custodito nel Libro del Deuteronomio. Lo abbiamo riascoltato - rivolto a noi - una di queste domeniche di maggio, nella festa della Trinità. E dopo giorni non se ne è spenta l'eco nel cuore.
Mi viene spontaneo sospettare che anche allora suonasse strano - fuori tempo e fuori moda - al cuore degli ebrei, radunati -gli occhi arrossati dalle sabbie del deserto - nella steppa di Moab. E Mosè a dire loro: "Interrogate i tempi antichi".
In vista della Terra promessa, una terra sognata e perdutamente cercata per quarant'anni, quando il cuore è tutto un correre in avanti e gli occhi dilatati a percorrere il futuro, che senso ha? Un non senso! interrogare i tempi antichi .

NON FATEVI CHIAMARE "MAESTRI"

Già il verbo "interrogate " sembra un reperto d'altri tempi. Tant'è che trova spazi sempre più avari nel nostro.
Resiste ancora l'"interrogare" degli insegnanti, che paradossalmente è un non interrogare: un interrogare finto, un interrogare per modo di dire, un interrogare senza sorpresa: l'interrogare di chi sa fa dire le cose che sa già, che ha insegnato.
E' vero che la nostra passa per l'epoca del dialogo, ma, a ben guardare, la logica che l'ispira non raramente è quella del "monologo": diamo la parola agli altri per benigna concessione, perché tanto "le cose giuste da dire le abbiamo poi noi". Così nella società, così nella chiesa.
Stare sinceramente in ascolto, interrogare in verità, può addirittura apparire operazione "debole": nella necessità di interrogare si sente chi non ha sicurezza; chi conosce la strada se ne va imperterrito, senza interrogare.
Abbiamo sempre più l'aria saccente dei "maestri", anche se da duemila anni il Libro ci ammonisce: "non fatevi chiamare "maestri"" (Mt. 23,10). Sempre più sconosciuto - così raro! - il volto assorto del discepolo.

NON C'E' TEMPO

Non c'è tempo di interrogare.
Né di interrogare il cielo, né di interrogare la terra. Né di interrogare le case, né di interrogare i volti. Né di interrogare i bambini, né di interrogare i vecchi. Né di interrogare i figli, né di interrogare i padri.
Non possiamo permetterci il lusso di sprecare il tempo: interrogare non rende. Perdita di tempo, quando il tempo è oro!
E rimangono pensieri, emozioni, esperienze, patrimoni disattesi, nel cuore della gente. Non abbiamo il tempo per interrogarli né la chiave per disserrarli. Ad aprire il cuore è il silenzio, il rispetto, l'attesa paziente, l'umiltà e la luce degli occhi.
E il mondo, stoltamente, improvvidamente, impoverisce nella più triste solitudine: la solitudine di chi non è interrogato, ma, ancor più raggelante, la solitudine di chi parla a vuoto, dal suo palco.
Scrive una testimone non sospetta, Madre Teresa di Calcutta: "Oggi non abbiamo più neppure il tempo per guardarci, per parlarci, per darci reciprocamente gioia, e, ancor meno, per essere ciò che i nostri figli si aspettano da noi, ciò che un marito si aspetta dalla moglie e viceversa. E così siamo sempre meno in contatto gli uni con gli altri. Il mondo va in rovina per mancanza di dolcezza e di gentilezza . La gente è affamata d'amore, poiché siamo tutti troppo indaffarati". E ci diciamo mondo ricco, paese evoluto.

LE STRADE E IL RESPIRO

Interroga i tempi antichi: se già operazione dubbia e povera agli occhi degli "illuminati" può apparire l'invito a "interrogare", operazione ancor più mortificante e cieca potrebbe apparire agli occhi dei cosiddetti protagonisti del nuovo l'invito a interrogare i tempi antichi: i tempi antichi?
Quello che è stato è stato: si sente ripetere oggi a proposito di Resistenza, di Olocausto e d'altro. Ciò che conta è il presente. Poco importano - si dice - le nostre interpretazioni del passato; giudicateci dai fatti.
Questo appiattimento pragmatico ci lascia - lo confessiamo - più d'un sospetto e più d'una preoccupazione nel cuore.
Importante certo è costruire strade, ponti e scuole. Ma ci preoccupa anche che cosa passerà per quelle strade, su quei ponti, nel silenzio di quelle scuole.
E' proprio così indifferente che vi passi il respiro della libertà o l'arroganza della dittatura?

NON E' SENZA SIGNIFICATO

E' proprio così banale e insignificante che un popolo in vista della terra promessa interroghi i tempi antichi e ricordi di essere stato oppresso? Se non altro per guardarsi - guardarsi attentamente - dal pericolo di ricadere in nuova schiavitù - il mondo è pieno di faraoni! - e da quell'altro pericolo, non meno incombente, quello di diventare a nostra volta, poco o tanto, dei dittatori: tu che hai conosciuto il "padrone", non farla mai da "padrone", con nessuno!
Forse non è così banale e senza significato che la chiesa viva sulla Memoria: "Fate questo in memoria di me". Qualcuno potrebbe criticare: "Perché sempre interrogare il passato? - Perché ogni domenica - non è troppo?- interrogare la morte e la risurrezione di un Crocifisso?".

L'IMPALLIDIRE DELLE MEMORIE

Ma l'impallidire della Memoria diventerebbe l'impallidire della chiesa.
Una chiesa, un popolo, un uomo, una donna senza memorie diventerebbero una chiesa, un popolo, un uomo, una donna senza radici, senz'anima, un aborto di chiesa, di popolo, di uomo, di donna.
Per questo, ricordando l'invito a interrogare i tempi antichi, non può non apparire come un segno di speranza la visione di ragazzi che vanno ad affollare le sale in cui viene proiettato "Schindler's list".
Al contrario non possono non inquietarci - ci interrogano sulle nostre responsabilità - gli episodi di quei ragazzi che senza pudore applaudono la tracotanza e la ferocia selvaggia dell'Olocausto: appartengono al numero di coloro che non si interrogano, sanno già tutto, hanno già deciso tutto a priori.
A una generazione che non si interroga e che non interroga i tempi antichi preferiremmo quella di ieri. Avevamo molto meno, ma coltivavamo la memoria. Frequentavamo anche noi il liceo e l'università, ma, sebbene non fosse tra i libri di testo, avevamo scovato un libro che ci fu caro, "Lettere dei condannati a morte della Resistenza". E non ci vergognavamo di commuoverci.
Rileggendo in questi giorni alcuni articoli - purtroppo qualcuno scritto anche in casa "nostra" - mi sono sorpreso a pensare che forse tanti pregiudizi, tante superficialità, tanta arroganza e villania, si scioglierebbero come neve al sole, solo che si osasse leggere quelle memorie, così lontane dalle astratte dissertazioni di chi non ha conosciuto che cosa sia dare la vita per la libertà.

don Angelo


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