articoli di d. Angelo


 

RESISTERE O ARRENDERSI?


Resistenza o resa? Davanti ai fenomeni spesso inquietanti del nostro tempo ci rimormora dentro la domanda: potremo ancora resistere o dovremo arrenderci? E non sarà la nostra una lotta ingenua e inutile? E quali spazi di resistenza inventare?
Purtroppo non sono rari i fenomeni di cui dovremmo preoccuparci e per lo più vengono coperti solo di parole. E tutti noi a sentire il disgusto e fin la nausea per il vuoto di troppe parole: c'è chi più non le sopporta e spegne il televisore.
Preoccupante oggi il dominio della mafia in alcune regioni d'Italia e il suo infiltrarsi ormai stabile , anche se nascosto, nelle altre.
Preoccupante il degrado delle istituzioni: siamo al punto che non pochi vanno rimpiangendo la dignità e il rigore degli uomini del passato.
Anche su questi problemi varrebbe la pena di aprire una riflessione: resistenza o resa?


LA NOSTRA CORSA QUOTIDIANA

Io vorrei oggi indugiare su un altro fenomeno che ci sta coinvolgendo massicciamente: quello di una vita aggredita e divorata da un'insaziabile corsa quotidiana
Sfibrante, quasi disumano, il ritmo che la società, per una sorta di accelerazione, ci va imponendo.
La città, la grande città, sta diventando il simbolo macroscopico di questo rincorrere ossessivamente le cose. Quasi viviamo guardando l'orologio. Passiamo senza soste e senza riflessione da un altro, da un'immagine a un'altra, di cosa in incontro a un altro, da un avvenimento a una cosa, con il risultato che da questo carosello spesso usciamo stanchi e inariditi.
Sempre più rari si sono fatti gli spazi per riflettere e per comunicare; quasi inesistenti, se non ci si difende con forza da questa aggressione.
Spesso non abbiamo più nemmeno il tempo per accorgerci che stiamo pagando a caro prezzo - in termini di umanità - questa ossessione di un agire frenetico che a cosa aggiunge implacabilmente cosa.


IL VUOTO AFFETTIVO

Stanno pagando un caro prezzo i figli e non sempre ce ne accorgiamo.
Nel suo numero di gennaio la rivista "il Gallo" di Genova ospitava una nota a dir poco inquietante. Scriveva:
"A Carpi gli operatori scolastici, psicologi in testa, hanno constatato l'aumento di ragazzi delle scuole medie con problemi psicologici di apprendimento. La novità sta nel fatto che vengono a trovarsi in questa situazione adolescenti di famiglie benestanti a cui sono fornite le massime opportunità di attività extrascolastiche, quindi super-impegnati e super-orientati.
L'analisi d'insieme è difficile. Si può tuttavia osservare che la scarsa presenza ai figli di genitori presi dalle loro attività, pomeriggi pieni di impegni, le super-attese delle famiglie verso i figli, un modello di adulto tutto lavoro e ricerca del denaro costituiscono una miscela esplosiva sul piano educativo. Quei ragazzi non vogliono crescere, sono "stressati dal benessere", per nulla attratti dal futuro.
La diagnosi è complessa. Ma alcune domande si impongono a noi genitori. Il tempo che condividiamo con i nostri figli in casa e fuori non sarà ridotto all'osso? In nome del benessere e della riuscita professionale non staremo abbandonando i figli a sé stessi? E in questo vuoto affettivo le nostre attese sproporzionate di una loro riuscita non saranno devastanti? Sono domande dure come pietre. Convinto, però, che noi genitori dovremmo cominciare a porcele senza mascherarci troppo, disposti invece a un leale, anche se doloroso, esame di coscienza.".


LA SOLITUDINE DELLA COPPIA

Ma a pagare in termini di umanità non sono solo i figli. Sta pagando - e duramente - anche la coppia.
Quanti rapporti di coppia sono messi a dura prova da questo rincorrere quotidianamente un modello di vita che faccia immagine e consenso nell'ambito sociale!
Si arriva a sera spremuti e quasi incapaci di comunicare, fatalmente arresi allo stordimento ultimo, quello del televisore.
Ma le cose non riempiono il cuore ed ecco il dilagare della solitudine. Non c'è tempo per la relazione di coppia ed è come se tu non avessi più nessuno con cui spartire le tue emozioni, le tue ansie e le tue attese, la tua ricerca di senso, i tuoi trasalimenti, le tue sofferenze e le tue gioie.
Se vogliamo ridare senso all'essere padre e madre, all'essere moglie e marito, se vogliamo ridare senso al nostro essere amici, ma anche semplicemente al nostro essere uomini e donne, bisogna fare resistenza a questa sorta di espropriazione e riprendere a "riposare" nei rapporti. Anche questo appartiene al disegno di Dio.


CREARE "SETTIMI GIORNI"

E' urgente, penso, che ci chiediamo con sincerità se la pausa festiva sia ancora un "riposare nei rapporti" o non sia stata essa stessa ingoiata in un allucinato e vuoto correre.
Mi ha molto colpito nella vigilia in Duomo, la vigilia del Primo Maggio, la riflessione dell'Arcivescovo sul riposo festivo e sulla sua portata rivoluzionaria. Parecchi di noi sono rimasti sorpresi e affascinati dalle sue parole.
"Ci colpisce" - ci diceva - "che, nel modo con cui viene espresso nel decalogo, il precetto del sabato non preveda nessun tipo di santificazione culturale o rituale per questo giorno. Piuttosto si insiste sull'aspetto sociale del comandamento, cioè il riposo per tutti, compresi gli schiavi, compresi persino gli animali, in modo che gli uomini non siano per motivo alcuno distratti dal loro riposo. Tutti questo era sommamente rivoluzionario per la società antica (…).
Il precetto del sabato ristabilisce per tutti quelle libertà che l'organizzazione della società e del lavoro in senso puramente produttivistico tende a sopprimere.
Il riposo del sabato è un simbolo di opposizione alla schiavitù della produzione e del profitto, soprattutto da coloro che nella società hanno il potere e l'interesse.
Di fronte a tale schiavitù, esso appare come un messaggio di protesta: ricorda settimanalmente, fin dall'antichità, la liberazione che Dio ha operato per il suo popolo, per farne un popolo di donne e di uomini liberi, non più soggetti neppure alla schiavitù del bisogno e chiamati a costruire una società nuova e giusta, che nasce come dono di Dio, là dove l'uomo non si preoccupa soltanto di sé, ma si apre a Dio nella celebrazione della festa.
In questo giorno l'uomo biblico ha scoperto il senso della vita e anche del suo lavoro come tendenti a qualcosa di più, che non fosse solo la produzione di beni di consumo.
In quel tipo di società il "riposo" non era concepito semplicemente come tempo libero per produrre di più o per lavorare meglio, per accumulare più beni o denaro, il settimo giorno poneva l'uomo a contatto con la benedizione che veniva da Dio e con la benedizione che egli dà alla terra quando essa viene rispettata nei suoi ritmi e nelle sue finalità.
Possiamo dire che, benedicendo il sabato, Dio ha immesso nel tempo della creazione la capacità di produrre sempre nuovi "settimi giorni", nei quali godere i doni del Signore e lodare lui in sé e nelle opere delle sue mani".


L'ICONA DI MARIA

Viene spontanea una domanda, e la rivolgo a me per il primo: noi uomini e donne dei tempi nuovi, che siamo diventati capaci di produrre anche ciò che fino a ieri l'altro ci sembrava inimmaginabile, saremo capaci di produrre nuovi "settimi giorni"?
Saremo noi capaci di produrre giorni di riposo, ore di riposo, momenti di riposo? Di un riposo che non è inerzia, ma è "riposare" nella relazione, è ricordare, è leggere in profondità la vita, è ricomporre i frammenti nel mosaico, è godere: sì, dare tempo al godere.
Che senso avrebbe la nostra vita se null'altro fosse se non infilare uno dopo l'altro, senza memorie, incontri, esperienze, avvenimenti? Che senso avrebbe se non ci rimanesse nemmeno il tempo di fissarli nel cuore e di goderne?
E che cosa allora potremmo spartire con gli altri se non la banalità di ciò che non tocca il cuore?
E' finito da poco il mese di maggio e ancora non si è spenta nel cuore l'icona della Vergine, terra dolce e silenziosa in cui trova custodia e riposo ogni cosa.
Di lei è scritto - e più di una volta -: "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc. 2,51).

don Angelo


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