COMUNITÀ
CHE SI INCONTRA
Alcuni
dicono che il fenomeno è irreversibile e meglio sarebbe
accettarlo con "sano realismo", smettendo, una
volta per tutte, i panni di moderni donchisciotte che lottano,
candidi e strenui, contro i mulini a vento.
CASA
O PRIGIONE ?
Ad
una riflessione sulla casa -sul come la si chiuda o sul
come la si apra- mi hanno richiamato in questi giorni gli
scritti di alcuni amici.
Uno, piuttosto amaro -o solo all'apparenza tale, perché
volutamente provocatorio- quello di Padre David Maria Turoldo,
che nell'ultima sua raccolta di poesie "Il grande male"
mi ha dolcemente sorpreso dedicandomi, quasi dono di amico,
una delle sue poesie, dal titolo "Perché nessuno
saluta".
Perché
nessuno saluta?
Sulla stessa via
tutti stranieri.
Una
minuta pioggia ti isola,
appena qualche uccello dalle piante
sospira al tuo rumore.
Una
pecora sola,
sul clivo di Rancio
bela al tuo passaggio:
gemito più che umano,
a segnare
la solitudine di tutti.
Siamo
soli,
soli, amico, né vale che tu grida
"fratelli" dall'altare,
o che tutti s'affollino
allo stesso ciborio.
Nessuno,
nessuno saluta
in questi terminali che sono
le nostre città.
Tutti
murati in selve di condomini
più soli di quanto
lo siamo nei deserti
dove pare non abiti più
neppure Iddio.
La poesia disegna in modo allucinante gli esiti di una città
dove ognuno va sempre più rintanandosi nella propria
casa, dove paure e diffidenze vanno amaramente soppiantando
atteggiamenti antichi di fiducia e di accoglienza.
Ricordo che, appena giunto a Milano, non pochi insistevano
a dirmi: "Qui -non ti illudere- nessuno esce di casa
la sera...".
Sarà triste retaggio di giorni passati di paura o
sarà che è più confortevole, dopo giornate
spesso stressanti, mettersi in pantofole e lasciarsi condurre
dalla magia ammaliatrice di quella incontrastata produttrice
di immagini, che è la televisione, nostro nuovo "pane
quotidiano"?
È successo così che un verbo tipicamente cristiano,
il verbo "con venire", venisse gradualmente ma
inesorabilmente ricacciato da un altro segno opposto, il
verbo "appartarsi": non più la casa, segno
di ospitalità e di condivisione, ma l'"appartamento",
spazio in cui isolarsi in una "beata" solitudine.
CONVENIRE
O APPARTARSI?
Il
primo verbo "con venire", disegna la splendida
immagine di fratelli e sorelle che, dalle case più
diverse, insieme si radunano per la gioia di costruire insieme.
L'altro verbo "appartarsi" evoca immagini ambigue,
fatalmente cariche di indifferenza, di disaffezione, di
disamore.
Giungono di tanto in tanto, a voce e per iscritto, a noi
tutti inviti al "convenire", ma spesso -e questo
è grave- sono inviti a priori cestinati nella mente
e nel cuore e le riunioni finiscono per essere per lo più
disertate: una sorte, questa, che sembra tristemente accomunare
ogni ambito, quello ecclesiale e quello scolastico, quello
sociale e quello politico, quello culturale e quello sindacale.
Occorre ritrovare il coraggio di lavorare per una casa che
si apra.
COSTRUITE
CON L'IMMAGINAZIONE UNA CAPANNA
L'altro
scritto, cui accennavo all'inizio, è formato da pochi
fogli che alcuni amici hanno steso. Sono note sulla casa:
casa e vita cristiana, casa e preghiera, casa e sobrietà.
A quelle note, anche figurativamente suggestive, hanno posto,
quale premessa, un brano tratto da Kahlil Gibran, il Profeta,
un brano che disegna case non murate ma aperte, case del
convenire e non dell'appartarsi, le case del futuro che
tutti ci auguriamo, per le quali tutti insieme lavorare.
Quindi
si fece avanti un muratore, e domandò: Parlaci della
casa. Ed egli rispose dicendo:
Immaginate una capanna nel deserto, prima di costruire una
casa nelle mura della città.
Poiché voi rincasate al crepuscolo, altrettanto fa
il nomade che è in voi, sempre esule e solo.
Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della notte,
e non è senza sogni. Non sogna forse la vostra casa?
E sognando non abbandona la città per il bosco o
la sommità della collina?
Ditemi, che avete in queste case? E che mai custodite dentro
l'uscio sbarrato?
Avete la bellezza che conduce il cuore dagli oggetti creati
nel legno e nella pietra alla montagna sacra?
Ditemi, avete questo nelle vostre case?
O avete solo benessere o l'avidità del benessere
che furtiva entra come ospite in casa per poi diventarne
padrona e infine sovrana?
Una
casa che ritorni ad essere "non l'ancora, ma l'albero
della nave".
Scrive il Card. Arns: "Quando le persone si riunisco,
cambia qualcosa".
Gli faceva eco dal Convegno di Loreto il Card. Ballestrero,
sostenendo che il "convenire" è stile di
vita ecclesiale, è dimensione essenziale della vita
della Chiesa: "una comunità che non si incontra
non è comunità".
Don
Angelo
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