articoli di d. Angelo


 

SCRIVO A TE, CRISTINA

Riprendiamo dal Giornalino dell'Oratorio un articolo di Don Angelo che da più parti ci è stato chiesto di pubblicare.

Il disagio e la fatica di scrivere può succedere quando il cuore è vuoto e non sai cosa dire o può succedere - e questo è il caso - quando il cuore è troppo gonfio e l'emozione intensa. Le parole ti sembrano sempre inadeguate; scrivi e correggi, cancelli e ricominci da capo. E non riesci.
Questi appunti veloci sulla vita pastorale dell'Arcivescovo risentono di questa fatica: la fatica della sovrabbondanza.

PERCHE' A TE ?

Forse ti stai chiedendo perché scrivo a te, Cristina.
Non è solo una questione di amicizia. O forse anche questo. Ma la ragione vera è che quando l'auto dell'Arcivescovo
scivolò via e lui fissava e salutava dietro i cristalli, incrociai il tuo volto, i tuoi occhi; e, forse, niente più e niente meglio del tuo volto e dei tuoi occhi avrebbero potuto narrare della visita.
Il racconto vero era lì: nella lucentezza e nell'emozione di quella gioia che ti invadeva visibilmente.
Il tuo volto e i tuoi occhi, Cristina. E tanti altri volti, tanti altri occhi, quelli di tutti, che oggi portano ancora il segno di una inenarrabile emozione. Oggi, quando se ne parla, sembrano riaccendersi.

ANCHE I SOGNI SI AVVERANO

E dunque il sogno si è realizzato: di tanto in tanto anche i sogni si avverano.
Ricordo di aver scritto, qualche mese fa - era ottobre - una lettera aperta al Cardinale Martini.
Nella lettera scrivevo:
"Una visita può durare anche giorni: e i giorni passati a far credere al Vescovo quello che non siamo, i giorni passati a elencare iniziative, senza raccontare il cuore: una visita pastorale all'insegna dell'ovvietà .
Può durare poche ore una visita pastorale ed essere vissuta a tal punto nella trasparenza e nella immediatezza da far intuire, senza troppi discorsi, quello che passa nella vita della comunità".
Il sogno si è avverato.
Tutti ti parlano della visita e tutti - è un coro! - a evocare da un lato la semplicità e dall'altro la bellezza.
La semplicità - "senza striscioni e senza festoni" - ma la bellezza: cioè un accadere luminoso dei gesti, dei ritmi, dei canti, delle parole, dei segni.
E così, quasi per miracolo, la ferialità e la festa si sono incontrate e abbracciate.

IL RETROTERRA DELL'AMICIZIA

La visita - oggi mi piace ricordarlo - è avvenuta dentro un'amicizia, che l'ha preceduta e illuminata.
Le parole dell'Arcivescovo, nel silenzio vivo di una chiesa, gremita più che la notte santa di Natale, subito ci toccarono il cuore: segnalavano infatti che l'incontro era tra amici.
Le prime parole: "Quando si incontrano due amici che hanno poco sovente l'occasione di incontrarsi, c'è un rischio ed è quello di voler approfittare del poco tempo a disposizione per dirsi tutte le cose, per scambiarsi tutte le esperienze, per riempire di parole gli spazi dell'incontro.
Mentre invece noi sappiamo per esperienza che quando due persone si vogliono bene bastano poche parole, pochi gesti, poche indicazioni semplici perché tutto il resto viene capito, viene intuito, viene indovinato…".
E dunque la gioia di sentirsi chiamare "amici"!
Se tu mi chiedessi ora che cosa mi è rimasto nel cuore, ti confesso che faccio fatica a discernere e a scegliere. Isolerò, facendo forza a me stesso, alcuni fotogrammi.

IL PRESEPE DELLA STRADA

L'Arcivescovo era sceso. a passi lunghi, nell'Oratorio. I ragazzi, nel piccolo anfiteatro dell'"agorà" scintillavano di gioia e cantavano.
Gli occhi del Cardinale erano teneri: passavano silenziosamente dallo spettacolo dei ragazzi allo spettacolo del presepe, fatto di strade: e, sulle strade, i grandi personaggi dell'Antico Testamento, giù giù fino ai Magi; e sulle strade, tanti personaggi minori: ogni ragazzo si era raffigurato con un pupazzetto. Ce ne sono di meravigliosi!
Avrebbe accettato l'Arcivescovo di mettere il suo pupazzetto?
L'Arcivescovo sorridendo si chiedeva a che punto della strada dovesse metterlo. Gli fu detto: "Sotto la stella dei Magi!".
"E' un posto impegnativo!": disse sorridendo e fissò l'immagine.
Impegnativo, ma vero. Gli tocca: mi dicevo in cuore. Tocca a un Vescovo che in Diocesi entrò camminando per le strade, a un Vescovo che qualcuno di tanto in tanto sorprende in incognito sui sentieri delle nostre montagne: "Vado a vedere dall'alto" - dice "la mia Diocesi".
Lo sappia o no, forse lo sa: quel posto gli tocca.
Lo sappia o ne, forse lo sa: per noi è come la cometa dei Magi, segna una strada. E della cometa è detto: "Quando videro la stella, provarono una grande gioia".

NELL'ABBRACCIO

Ora l'Arcivescovo è in chiesa: è venuto dalla strada, se ne andrà per una strada. E' in chiesa e l'attraversa nel canto di di un popolo in festa.
Siamo davanti al nostro altare e il cerimoniale mi consegna la croce astile, perché la porga al Cardinale e il Cardinale bacia il Crocifisso.
Per chi sa evocare simbologie sottese è gesto che fa trasalire il cuore.
E' l'abbraccio dell'Arcivescovo alla sua comunità, custodita nella braccia aperte del Signore della Croce: tutti custoditi e accolti nella nostra povertà e piccolezza.
E dunque tutti abbracciati e baciati dal Vescovo!
Ed io, chiamato proprio io in quell'istante a incensarlo, mentre le volute dell'incenso gli sfiorano il volto, mi vado augurando che in questo incenso legga il profumo della nostra comunità e che il gesto nel suo cuore si associ a quello tenerissimo di Maria di Betania, il giorno in cui profumò il suo Signore e "tutta la casa" - è scritto - "si riempì del profumo dell'unguento".

IL DONO DELLA VISITA

Ora l'Arcivescovo parla dall'altare. Sono alle sue spalle e i miei occhi si perdono nelle sue grandi mani: braccia e mani tengono strette la mensa dell'altare.
Parlava - commentava in questi giorni qualcuno - come se ci conoscesse. Faceva riferimento ai "famosi fogli verdi", al progetto parrocchiale, alle lettere ricevute.
Parlava e il cuore riposava nella pace, il dono che l'Arcivescovo si augurava di lasciarci, come segno della sua visita pastorale. Una pace, che, mentre parlava, già ci stava raggiungendo, uno per uno, tutti insieme.
"Con Paolo dico: "Grazia a voi e pace". Questo è ciò che io vorrei lasciare e soprattutto in questa visita pastorale: grazia e pace. Cioè la certezza che Dio vi ama, che è dalla vostra parte, che non vi lascia soli, che Gesù cammina con voi, che lo Spirito Santo è fiamma ardente dentro di voi, e quindi pace!…
Questa pace che è serenità: passare in un mondo difficile con uno sguardo semplice; vivere in una società complessa sciogliendo giorno per giorno i problemi senza drammi, senza eccessive paure, senza previsioni catastrofiche, perché il Signore è con voi.
Ecco ciò che vorrei soprattutto lasciarvi come dono per questa visita pastorale".

IL GRANDE ALBERO

Ecco ora l'Arcivescovo riprende le riflessioni sulla parrocchia, radunandole sotto l'immagine dell'albero: l'immagine che dà figura al nostro progetto pastorale.
E dell'albero eccolo richiamare, evocando la pagine di un grande filosofo cristiano, la solidità e la tensione, la stabilità e il movimento, la robustezza e l'apertura.
L'esegeta e il pastore percorrono insieme le pagine sacre e le pagine vive della storia di questa comunità.
La comunità è in ascolto, riconosce la voce.
"Le pecore" - è scritto - "conoscono la voce del pastore".

IL FUOCO DELLA CELEBRAZIONE

Il fuoco arde nella parola, ma arde anche nel pane spezzato, quel pane che ognuno ora viene a cercare, come alimento e conforto al cammino.
E ancora una volta stupisce questo fluire in silenzio, questo custodire il mistero, questa assenza di ogni rumore in una chiesa a tal punto gremita da rendere quasi improbabile ogni pur minimo movimento.
E alla fine il congedo. Il gesto di benedizione è ampio: ancora una volta mi incantano le mani e le braccia dell'Arcivescovo, che sembrano anelare a cercare il capo di ciascuno, a posarvi sicura la benedizione di Dio.
Franco, uno dei ragazzi che lo attendono tra la folla mentre esce - una folla che stringe da vicino - sentirà le mani dell'Arcivescovo posarsi sul suo capo, le grandi mani; e dirà: "Perché proprio a me?".
Perché proprio a noi la tenerezza di questa visita del Pastore?

LA POESIA E LA STRADA

Dalla folla a un gruppo ristretto: è il momento dell'incontro con il Consiglio Pastorale. Potrebbe sembrare un restringimento.
Ringrazio lo Spirito che ci ha suggerito di incontrare l'Arcivescovo sfuggendo al pericolo di parlare sempre noi o, peggio ancora, delle piccole e meschine questioni di cortile.
Il Consiglio nell'incontro con l'Arcivescovo dà voce agli altri: ai fratelli e alle sorelle in ricerca, che parlano della loro confessata lontananza, con un amore e una stima per l'Arcivescovo che intenerisce il cuore.
L'Arcivescovo ascolta: "Ero curioso" - dice - "di venire fra voi.
Curioso perché a volte mi prende il dubbio che le parole rimangano poesia. E invece qui ho scoperto che le parole già trovano una realizzazione, pur se ci rimarrà sempre strada da fare…".
La poesia e la strada. E la benedizione del Vescovo.
Ora l'auto scivola via. E io incrocio i tuoi occhi, Cristina.
Sono di buon augurio per la strada.

don Angelo


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