articoli di d. Angelo


 

NEL DESERTO TEMPESTA O CONVERSIONE?


Tutto, dopo questa "tempesta nel deserto ", si è fatto più difficile. Il parlare stesso oggi può sembrarti quasi un lusso che non tutti possono concedersi. E un lusso che non tutti possono concedersi sta diventando anche lo scrivere.
Come ancora parlare? E come ancora scrivere? Quando la sensazione che oggi percorre il cuore è proprio questa, quella di abitare in terra straniera: questa non è la tua terra . Sei come in esilio.
"Come cantare" - si chiedevano gli ebrei - "come cantare in terra straniera? Ai salici di quella terra, appendemmo le nostre cetre" (Sal.137).
In primo piano - un primo piano inquietante - sono le immagini dello smarrimento: creature come noi, toccate nella loro carne, nelle loro case, nelle loro terre, da una tempesta immane, la tempesta della guerra: la tempesta urla nel deserto e riempie di sabbia gli occhi.
Ma la guerra sta scatenando tempeste di sabbia anche dentro di noi: ora la sabbia brucia i nostri occhi. A tal punto che i panorami stessi sono quasi irriconoscibili, i problemi indecifrabili, tutto nel segno della confusione. Ci portiamo in cuore tutti una sorta di smarrimento.


LUOGO DI SERPENTI E DI SCORPIONI

Così, oggi, volendo scrivere di deserto - un'immagine che ho sempre legato, per un suo fascino segreto, al tempo della Quaresima- non posso fare a meno di pensare che occorre uscire da una visione romantica, idilliaca, quasi poetica del deserto.
Il deserto non è solo il luogo dell'infinito distendersi del silenzio, terra quasi privilegiata del faccia a faccia con Dio, ma è anche luogo "grande e spaventoso" - come dice il Libro - "luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata e senz'acqua" (Deut. 8,15).
Terra dunque anche della tentazione. La dura marcia verso la Terra promessa conosce purtroppo la menzogna del vitello d'oro; i quaranta giorni nel deserto conoscono l'ipocrisia dei discorsi del diavolo sul pinnacolo del tempio.
Forse il deserto non è mai stato luogo di limpidezze assolute. Tanto meno oggi, defraudato del suo silenzio e della sua sacralità, invaso dalla ferocia di una guerra, a confronto della quale la ferocia degli antichi serpenti e scorpioni impallidirebbe: gli scorpioni e i serpenti degli uomini sono infinitamente più devastanti e funesti.


LAVARSI DALLA VERGOGNA

Deserto e Quaresima come luogo dunque dello svelamento del cuore.
Per assurdo questa tempesta nel deserto potrebbe farci paradossalmente più lucidi a scoprire dove, al di là delle proclamazioni verbali, punta veramente il cuore dell'uomo, il nostro cuore.
La tempesta sembra infatti destinata a svelare agli occhi di coloro che ancora sanno interrogarsi la grande ipocrisia.
E dunque Quaresima come tempo in cui lavarsi dalla grande vergogna, per restituire al cuore e alla vita verità, sincerità e limpidezza.
Senza verità, senza sincerità, senza limpidezza, le vie della pace sono solo fantasmi e fanatismi.
Senza verità, senza libertà, senza giustizia e senza carità - diceva Giovanni XXIII - l'edificio della pace non si regge.

LO SPETTACOLO DEL'IPOCRISIA

Perché, se è vero come è vero che, dinanzi ai problemi suscitati dell'invasione del Kuwait e dalla conseguente tempesta, alcuni nodi rimangono inestricabili, se è vero come è vero che alcune tesi attendono di essere ulteriormente elaborate, se è vero come è vero che potremmo discutere all'infinito teoricamente sulla guerra giusta e sulla guerra ingiusta, se è vero che su tanti aspetti rimangono tuttora dubbi, difficilmente, penso, si potrà avere dubbi su questo: che al mondo intero stiamo dando spettacolo dell'umana ipocrisia.
A fronte di un dittatore di cui non si può non condannare l'inaudita ferocia e spregiudicatezza, stanno dichiarazioni e operazioni a dir poco sconcertanti, tanti e tali sono i silenzi, le menzione e le mezze verità che le accompagnano. E il tutto difeso, sbandierando i più sacri vessilli.
Abbiamo atteso, ma invano, che i sostenitori accesi della legittimità di una difesa armata ci spiegassero come mai in passato non avessero reagito con altrettanta determinazione di fronte ad aggressioni non meno gravi e non meno inquietanti.
Abbiamo atteso, ma invano, che ci venisse spiegato perché fossero a tal punto riforniti - e di arme anche nostre! - gli arsenali del dittatore iracheno.
E siccome, nonostante tutto, ci soccorre una sia pur corta memoria, ci è venuto spontaneo riandare alla fine che hanno subito i direttori di alcune riviste che hanno osato denunciare anni fa questo sporco commercio: esonerati dal loro incarico e non senza pressioni di uomini politici.
Abbiamo atteso, ma invano, che la guerra ci fosse mostrata per quello che era e non come ci si voleva far credere: operazione di raffinata chirurgia, la guerra delle moderne tecnologie.
Quasi non ci fossero uomini ad uccidere. Quasi non ci fossero uomini e donne e bambini uccisi.
Quando poi si cominciò a nominare l'uomo - perché la guerra, prima o poi, si sarebbe rivelata come una guerra contro l'uomo, e quindi "disumana" - ecco, ancora una volta, l'impudenza di trasmettere alcune immagini di vittime e di non trasmetterne altre, perché, alla fin fine, non è dell'uomo in sé che importa: importa la tesi precostituita , il pregiudizio che, dietro, immancabilmente si nasconde.
E così, in nome dei più sacri diritti, ancora una volta si gioca sull'uomo, sulla pelle dell'uomo, arrogandosi il potere
di trasmettere la storia di alcuni e di passare sotto silenzio la storia di altri.
Si grida al diritto di un popolo, mentre si tace sul diritto a lungo violati di altri.
Si citano di un discorso del Papa o dei Vescovi parole e frasi, proprio mentre se ne censurano abilmente altre.
Tante cose potranno essere negate, ma questa, a mio avviso, ben difficilmente: questa guerra ha impietosamente svelato a noi stessi e al mondo le nostre ipocrisie.


CAMBIARE IL CUORE

C'è un deserto da attraversare. E non con l'arroganza delle nostre "tempeste". Con un coraggio ben più difficile: il coraggio di domandare perdono. Se non si cambia il cuore, la pace si perde nel vento, così come nel vento si perdono le dune di sabbia del deserto.
Per questo non possono non suscitare in noi forti perplessità certi appelli a rimuovere il passato, per un realismo del presente.
Che poi l'invito, a non ricordare quello che è stato, venga da alcuni cattolici non può che lasciarci sgomenti: o si ha il coraggio di cambiare il cuore e di intraprendere altre strade o finiremo per aggiungere un'altra ipocrisia alle innumerevoli ipocrisie contrabbandate in passato per pace.
Le vecchie strade altro non fanno che aggiungere nuovi vitelli d'oro ai mille vitelli d'oro che lungo i deserti della storia abbiamo adorato, altro non fanno che consentire altri spazi ai discorsi ipocriti di un diavolo sul pinnacolo del tempio.
Allo stesso modo non può non suscitare in noi qualche perplessità un certo pacifismo di bassa lega.
La bandiera della pace è bandiera esigente: non può essere sventolata a cuor leggero, da nessuno.
Se si è pacifisti, lo si è non per un giorno, ma per tutti i giorni; lo si è a casa, come lo si è per le strade; lo si è per un popolo, come lo si è per tutti i popoli.


LA PACE A CARO PREZZO

Ritroviamo la via del deserto, non per seminare dunque il vento delle nostre tempeste, ma per accedere alla conversione del cuore.
Cade in questo contesto, di drammatica attualità, la proposta della Quaresima, evocata ancora una volta dietro l'immagine del cammino, lungo il quale abbattere idoli vecchi e nuovi e così giungere a contemplare, puri da ogni menzogna e ipocrisia, il fuoco acceso: il Signore della Croce, il mistero delle sue braccia allargate tra cielo e terra, segno di una pace pagata a caro prezzo.
Avremo il coraggio di fissare il segno, levato tra cielo e terra? O ci accoderemo al coro di coloro che, uomini del "sano " realismo, oggi vanno da una parte e dall'altra celebrando come unica via alla pace quella della ritorsione più crudele e dunque il farla pagare a caro prezzo agli altri?
Rimarrà senza discepoli la via del Maestro?
"Quando fu vicino" - scrive l'evangelista Luca - "alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: "se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi".

don Angelo


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