articoli di d. Angelo


 

LO SCANDALO DEL PROFUMO

Mi sono accorto dopo che l'avevo fatto. Solitamente vado da una casa all'altra della parrocchia scegliendo -tanta è la tirannia del tempo- il percorso più breve.
Che cosa mi aveva spinto dunque in una di queste mattine a scegliere la strada più lunga?
Un motivo c'era, anche se inconfessato: volevo passare di là, perché in via Amedeo d'Aosta, quasi all'angolo con via Plinio, c'è un albero profumatissimo. Avevo voglia di riascoltarne il profumo.
Sì, anche in una città inquinata ci sono sorprendentemente angoli, isole, in cui puoi annusare un profumo.

Che cosa mi spinge oggi a parlare di profumo? Forse il desiderio di due miei cari amici, che, sere fa, insistevano a dire che l'indomani avrei dovuto celebrare, sottolineandolo, e non -come spesso si è fatto in passato- quasi velandolo, il gesto di Maria di Betania che profumò il Signore con un unguento preziosissimo di puro nardo.
I falsi maestri dello spirito -categoria non ancora in fase d'estinzione- storcono il naso o chissà avranno pronta una cattiva interpretazione. Diranno che Gesù no, non si abbassava a queste cose, non gliene importava, aveva in mente ben altri profumi. Pare dissacrante a simili cultori dell' "interiorità" che il Maestro, a quella cena, abbia gustato il profumo così come lo gustiamo noi.

Era un'esagerazione di profumo. Tant'è che l'evangelista Giovanni nota che "tutta la casa fu piena del profumo dell'unguento". Era la casa del profumo.
E Gesù difese la donna. La difese davanti agli uomini del "sano realismo": perché questo sciupìo? La difese celebrando la bellezza. Era rimasto affascinato dalla bellezza di quel gesto: "Ha fatto" -disse- "un'opera bella".
La bellezza non si compra, la bellezza ci fa vivere.
Il profumo è qualcosa di impalpabile, di invisibile, di leggero. Come l'amore. Ti dà gioia, ti dà benessere, ti dà freschezza. Ti fa dire che esisti. Esisti per qualcuno. È il contrario della morte.
Accarezzando, profumando l'amico, ormai stretto, sempre più stretto, nella morsa della morte, Maria voleva, in qualche modo, con la sua tenerezza, dirgli che l'amore è più forte della morte, che il cattivo odore della morte, quello di cui aveva parlato la sorella Marta al sepolcro di Lazzaro, sarebbe stato cancellato dal profumo, dal profumo della vita, dal profumo del suo amore.
E Gesù intuisce: l'olio profumato della donna -dice Gesù- conserva il suo profumo per la sepoltura. Per Gesù è come un olio che vince l'aria viziata, inquinata, soffocante della morte. Quasi un presagio dell'aria profumata della risurrezione.
Il profumo ti fa risorgere.

I discorsi degli uomini del "sano realismo" se ne vanno: i discorsi dei discepoli che stanno a discutere su quanto poteva costare quel profumo e a che cosa poteva servire. Discorsi del nulla, discorsi che se ne vanno.
Rimane invece nella casa il profumo: la casa è profumata dal gesto di vicinanza, di intimità, di tenerezza, di amicizia, di un'amicizia non disincarnata -quella declamata da un falso spiritualismo - ma fatta di mani che ti accarezzano, di capelli che ti asciugano, di profumo che ti inebria.
E Gesù che dice: "Lasciatela stare. Ha operato una opera bella su di me".
Profumo come canto della vita. Forse per questo oggi vado a cercare un albero profumato all'angolo di una strada. Perché anche i cieli di questi giorni sono sporchi di morte. E la gente è oscura in volto, come se odorasse lo zolfo della guerra.

Cerchiamo il profumo. È custodito nella Pasqua che abbiamo da poco celebrato: Il Signore della Croce è il profumo.
"Fermatevi e guardate…". Forse potremmo ritrascrivere in altro modo l'antico proverbio che dice: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
Potremmo forse ritrascriverlo: dimmi che cosa guardi e ti dirò chi sei. Noi siamo quello che guardiamo.
Mi prende di questi giorni una paura. Sarà immotivata, ma non me la so scollare di dosso. La paura per i ragazzi e i non più ragazzi che sono nell'occasione di guardare per ore e ore i bombardamenti chirurgici, i missili intelligenti, i massacri umanitari…
Dopo l'orgia quotidiana delle parole sconsacrate ci sarà da lavare gli occhi, così come si faceva un tempo nella notte del Sabato Santo. Lavarli all'acqua nuova e ritornare a guardare con occhi puliti "l'insuccesso" della Croce, l'uomo appeso, l'uomo della mitezza, dell'umiltà, della non violenza, della condivisione. E inebriarsi al profumo: làsciati profumare dalla Pasqua dell'uomo crocifisso e risorto.
Sono pochi giorni che è morta nella nostra parrocchia Ester Magni. Ricordo che mi commosse il giorno in cui, portandole la comunione, mi disse: "Oggi mi è venuto il desiderio di profumare la mano in cui riceverò il Signore".
Profumare il Signore e esserne profumati, diventare a nostra volta il "buon profumo di Cristo" (2 Cor. 2, 15).
Un antico midrash rabbinico si chiede perché Dio fece uscire Abramo dalla sua terra e risponde che Abramo era come un'ampolla di unguento profumato e Dio lo faceva uscire, perché, là dove fosse arrivato, si potesse godere del suo profumo.
Poche parole: il profumo, se c'è, lo senti nell'aria. Un vero discepolo del Signore, se c'è, non c'è bisogno di parole, lo senti: dà gioia, dà benessere, dà un senso di fragranza, di leggerezza.
La pesantezza delle parole, la leggerezza del profumo.

Dovremmo tornare a pregare perché Dio ci doni la leggerezza in questi tempi così pesanti, con le sirene che tagliano i cieli, con gli ordigni di morte che li squarciano di bagliori.
Pregare come fa Mariangela, una donna di Sardegna, che ha lasciato da poco la scuola dopo 37 anni di servizio:

" Donaci, Signore,
la grazia della "leggerezza".
È tanto facile che tutto in noi si appesantisca
affetti-pensieri-giudizi-.
È tanto facile che in noi
-in ogni angolo del nostro essere-
si creino ingombri inutili.
È tanto facile che le nostre mani
afferrino e stringano
realtà che noi dovremmo
semplicemente sfiorare…
a volte accarezzare…
non trattenere più di tanto.
È tanto facile che i nostri piedi
calpestino realtà fatte per la vita
facendone realtà di morte.
Donaci, Signore, la grazia della leggerezza.
Vienici in aiuto
perché non ci muoviamo come "macchine"
trascinandoci dietro vagoni carichi
di realtà semplicemente ingombranti.
Donaci la grazia della leggerezza, Signore,
per non rischiare di essere
un treno merci che si porta dietro
vagoni carichi di merce scaduta
rischiando continui deragliamenti.
Donaci la grazia della leggerezza, Signore".

don Angelo


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