articoli di d. Angelo


 

LA PASQUA, IL POZZO E GI UMILI BASTONI

Era la domenica della Samaritana. Entrò, come spesso fa, dopo la celebrazione della Messa, in sacrestia.
Questa nostra sacrestia, così inusuale, che assomiglia tanto a un corridoio stretto: invano vi cercheresti una forma! Sempre più affollata nel dopo-Messa, quando sembrava rivendicare, sia pure impropriamente, la figura improbabile del sagrato. Quel sagrato che manca - come manca! - a questa chiesa.
Entrò e aveva gli occhi come divertiti. "Che bello" - mi disse - "che ci sia ancora qualcuno che a Messa non si annoi, ma si diverta".
Sarà perché Silvia - la mia amica giornalista - è curiosa né lascerebbe mai la sua curiosità ad aspettarla fuori la chiesa, così come succede invece alle bici che leghi alla prima sbarra libera di un'inferriata.

IL MIDRASH DEL POZZO

Gli occhi erano come divertiti. Mi disse " Che dici? bastone potrebbe essere anche la mia penna?" Nell'omelia avevo parlato di pozzi, di acqua e di bastoni.
Mi era venuto spontaneo far riferimento a un Midrash della tradizione rabbinica a commento di Esodo 17,1-7. Racconta il midrash:
"Ecco a cosa somigliava il pozzo che accompagnava gli ebrei nel deserto: somigliava ad un macigno, forato come uno staccio, dai cui fori l'acqua zampillava, come se uscisse da un'ampolla.
Il pozzo girava, saliva e scendeva: saliva con loro sui monti, scendeva nelle valli; là dove gli ebrei prendevano stanza, il pozzo si fermava in posizione elevata, sempre in corrispondenza della tenda di congregazione.
I principi di Israele venivano e girando intorno al pozzo con le loro verghe, recitavano l'inno che comincia con le parole: "sorgi, o pozzo! Salutatelo con canti!" (Nm. 21,17).
L'acqua, allora, sgorgava e saliva in alto in forma di colonna; ogni principe scavava un solco col proprio bastone e ciascuno faceva affluire l'acqua in direzione della propria tribù e della propria famiglia, come è detto:

"Pozzo che i principi hanno scavato.
Che i nobili del popolo hanno aperto
Con lo scettro, coi loro bastoni!" (Nm. 21, 17-18).

In tal modo il pozzo girava per tutto l'accampamento, irrigava il piano del deserto e questo si trasformava in tanti ruscelli. Allora i principi prendevano delle zattere e andavano gli uni verso gli altri: chi andava a destra risaliva o scendeva il fiume a destra, chi andava a sinistra, risaliva o scendeva a sinistra. L'acqua che rimaneva, formava un grande fiume che andava a finire nel grande mare e portava di là tutte le delizie del mondo" (Tosefta-Sukka3).
Mi incanta il pozzo. Mi incanta la mobilità del pozzo, quel suo esserci, quel suo salire se gli ebrei salivano, il suo scendere a valle se gli ebrei scendevano.
Mi incanta il pozzo, ma mi incantano anche gli umili bastoni che scavano un solco. E l'acqua che arriva in ogni direzione.


L'ACQUA NUOVA

Mi incanta la Pasqua di Cristo, anche questa simile ad un pozzo, simile alla roccia da cui sgorga l'acqua, l'acqua che accompagna il cammino: dal costato aperto di Cristo sulla croce non uscì forse sangue ed acqua, quando "emise" - "donò" a noi - il suo spirito?
Mi è caro pensare alla Pasqua come all'acqua nuova. Mi è caro riandare con il cuore a un rito antico - ancora in uso fino a qualche anno fa in alcuni paesi della nostra regione -: quello di correre nella notte di Pasqua fuori la chiesa all'acqua della fonte e all'acqua della fonte bagnare nella notte gli occhi.
Mi è caro riandare con il cuore a un altro rito, quello antico, in uso ancora anni fa in altri paesi della nostra regione: i ragazzi si aggrappavano appassionati alle corde delle campane, per annunciare a perdifiato la risurrezione; poi… fuori dal campanile, di corsa, ad abbracciare gli alberi: la risurrezione, come l'acqua nuova, doveva arrivare ai tronchi, alle radici degli alberi, a tutta la natura.
Mi incanta contemplare i ragazzi che corrono ad abbracciare gli alberi, così, senza dire niente; o forse solo annunciando: "E' risorto il Signore!" Niente di più: l'annuncio era già custodito integro nel fremito intenso dell'abbraccio. Né occorrevano altre parole a dirlo. Altre parole l'avrebbero appesantito.

CHI CORRE AD ABBRACCIARE?

Molto simili quei ragazzi ai principi che con umili bastoni creavano solchi- piccoli e grandi solchi - alle acque del pozzo.
Sembrano gettare luce su un problema che è di sempre, ma oggi si è fatto ancora più urgente in un mondo segnato dalla "decadenza", cioè dal venir meno della passione per la verità e la libertà.
Il problema è come portare l'acqua. L'evento della Pasqua riaccade, immenso bacino dell'acqua nuova sui monti. Ma se non esistono umili canali e bastoni che scavano i solchi per le acque? Ancora oggi l'annuncio intenerisce il cielo. Ma se non ci sono creature che corrono ad abbracciare, a che serve?
Il problema è che tu - per piccolo e povero che sia - ti senta umile, ma appassionato, tramite dell'acqua nuova, dell'annuncio nuovo, della Risurrezione.
La tua semplice penna, Silvia. O la mia povera, sgraziata, voce. Senza l'ingenuità di pensare che i solchi si scavano con proclamazioni altisonanti.

I DATI DI UNA INDAGINE

Un'indagine di questi giorni poneva agli intervistati la domanda: "quale di queste iniziative della chiesa potrebbero essere più efficaci per arginare il fenomeno del divorzio?".
Ecco i risultati:

contatto diretto tra coppie e prete : 34
corsi prematrimoniali: 21
interventi sui mass media: 12
documenti e lettere pastorali 2.

E' una riprova - ce ne fosse bisogno - che ci si fa tramite dell'acqua nuova, non ripetendo formule, ma "abbracciando". Come i ragazzi nella notte di Pasqua. Nel loro fresco abbraccio passa molto più che in una moltitudine di parole.

PARLARE TACENDO E TACERE PARLANDO

"Dio" - scrive il teologo Bruno Forte citando S. Giovanni della Croce - "pronunciò la sua parola in un eterno silenzio, ed è in silenzio che essa deve essere ascoltata dall'anima.
Se Cristo è il Vangelo della carità, di Lui si dovrà parlare tacendo e tacere parlando.
Alla chiesa si richiede allora uno stile di carità fatto di discrezione e di presenza non chiassosa, politicamente non invadente, irradiante nella sua discrezione, tale da suscitare ed evocare l'amore più grande, senza violentare la realtà e il cuore dell'uomo".
L'umile bastone che scava solchi. Umile bastone fu la Samaritana: scavò il solco tra il vero Pozzo, il pozzo dell'acqua nuova Gesù e i suoi concittadini. Scavò il solco con una semplice domanda. "Venite a vedere…che sia forse il Messia?".
Non l'arroganza del sapere, ma lo spazio discreto della domanda. Piccola la domanda della Samaritana, ma prendeva il cuore. Così come prendeva il cuore quella luce insolita negli occhi della donna.

INCANTANDOMI PER GLI UMILI BASTONI

Il problema è che ci siano creature che scavino i solchi, silenziosamente, pazientemente, fiduciosamente.
Vado quest'anno verso la Pasqua del Signore incantandomi per l'acqua nuova, ma anche per gli umili bastoni.
Quanti volti! Ultimo, ma non ultimo, il tuo, Silvia: la tua penna di giornalista. Ultimo, ma non ultimo, quello di una nonna che nella riunione di pochi giorni fa mi diceva: "Non immagina quante fotocopie ne ho fatto!" In quelle pagine, secondo lei, scorreva l'acqua buona: le ha fotocopiate, le ha passate a decine e decine di persone.
E se facessimo tutti così? Diventassimo tanti umili bastoni? Tutti a scavare solchi?
E che cosa augurarci se non che cresca - già è grande, ma cresca ancor più - lo stuolo di coloro che sanno dire forse una parola sola, ma quella giusta al momento giusto; sanno passare la fotocopia, ma quella giusta; sanno fare la domanda, ma quella giusta, al momento giusto.
E l'acqua arriva! Lungo i solchi scavati dagli umili bastoni.

don Angelo


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